Aqua Alexandrina
L’Acquedotto Alessandrino, realizzato interamente in opera laterizia, fu l’ultimo ad essere costruito nell’antica Roma, sotto l’imperatore Alessandro Severo (208 d.C. - 235 d.C.) intorno al 226 d.C. ed il suo scopo fu quello di alimentare le Terme Alessandrine.
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La mappa si basa su quelle tracciate da Thomas Ashby e da Raffaele Fabretti e sulle evidenze archeologiche oggi visibili.
Raffaele Fabretti fu il primo a definire l'appartenenza delle arcate visibili intorno alla via Labicana ad un unico acquedotto che riemergeva più volte attraverso le vallate, e ad associare tali arcate all'acqua Alessandrina; lo stesso studioso per primo in epoca moderna ne rintracciò le sorgenti che erano (e sono tutt'ora attive) a Pantano Borghese nei pressi di Colonna al XII miglio della Prenestina, posizionate ad alcune centinaia di metri dal bottino delle sorgenti della rinascimentale acqua Felice e ad una quota lievemente inferiore.
Sempre Fabretti per primo rinvenne, descrisse e disegnò una piscina limaria di 13 X 10 metri nei pressi della sorgente.
Caratteristiche tecniche
Le arcate dell'acquedotto sono interamente realizzate in opera laterizia; l'apertura degli archi è ovunque di 12 piedi (355 centimetri) eccetto che nella valle della Marranella dove sono di 10,5 piedi (311 centimetri) e i piloni quadrati degli archi (piedritti) hanno lati di 8 piedi per 8 piedi (237 centimetri); le sostruzioni sopra il livello del terreno corrono per 4250 passi e le arcuazioni per 2325 passi (Fabretti).
Nel tratto sotterraneo tra colle Prenestino e la sorgente Fabretti rinvenne alcuni putei; i pozzetti erano a pianta quadrata e protetti da un muretto in opera listata, con file alternate di mattoni e tufelli.
Epoca di utilizzo
Il Fabretti testimonia di archi restaurati in molteplici punti ed in molteplici epoche; molti restauri furono realizzati con tufo non lavorato, cosa che denota la scarsa capacità e gli scarsi mezzi dei restauratori a riprova del fatto che venne utilizzato per un tempo assai lungo, ancora dopo la caduta dell'Impero; in particolare risultavano maggiormente danneggiati (per interrompere il flusso dell'acqua durante le invasione barbariche) la bassa struttura muraria nella vigna Serventi e i primi archi, all'altezza di via dell'acqua bullicante.
Fabretti scrive che, sempre in questo primo tratto a Tor Pignattara, i resti dell'acquedotto erano riutilizzati per incanalare parte dell'acqua Crabra che scorreva in direzione opposta all'originale flusso dell'acqua, ma confesso di non aver compreso al momento come la cosa potesse avvenire.
Sono date notizie dell'esistenza del condotto nel 998 d.C. ma non è certo fosse funzionante (Ashby).
Attribuzione dell'acquedotto ad Alessandro Severo
Fabretti dimostra che si trattava dell'Alessandrina, per esclusione, ossia escludendo che potesse essere alcuno degli altri acquedotti di Roma; tale tesi viene in generale accettata e seguita dagli altri studiosi quali Ashby e Lanciani.
Spartianus scrive dell'Imperatore Alessandro Severo SHA (Scriptores Historiae Augustae - IV sec. d.C.) Alex. Sev. 25:
Egli restaurò i lavori dei vecchi Imperatori e lui stesso ne cotruì uno nuovo; fra questi erano le terme in suo nome, costruite appresso a quelle che furono le terme Neroniane, dopo che egli realizzò un acquedotto che ora è chiamato Alexandrina.
Fu trovata una moneta di Alessandro Severo, (collezione Alessandro Rondanini) con rappresentati l'acquedotto, le terme e una fontana.
Fu trovato parte di un sigillo impresso su un mattone della costruzione originale.
Le sorgenti
Il bacino delle sorgenti resta compreso tra il colle di Sassobello ad est ed il Monte Falcone a sud; questi sono di origine vulcanica e composti principalmente di selce; il monte Falcone vanta la più ampia cava di selce nei dintorni di Roma [Ashby].
Nella zona le sorgenti della Felice sono a metà altezza tra due gruppi di polle che vanno poi ad alimentare il torrente Osa: quelle più in alto e verso Nord, scarse, che servivano l'acquedotto di Gabii costruito o rifatto da Adriano, e le sorgenti più a valle, ad Ovest del colle di Sassobello, che furono utilizzate dall'acquedotto alessandrino; il Felice capta in parte le sorgenti dell'Alessandrina ed in parte sorgenti poste lievemente più in alto.
Così descrive il luogo Thomas Ashby:
"I resti dell'acquedotto (Alessandrino) cominciano da una larga camera voltata sotto la moderna cisterna, segnato come Serbatoja d'Acqua nella mappa (di Ashby) e può essere parte del lavoro di Sisto V oppure il punto iniziale della sua acqua Felice o una cisterna di trabocco che serve la Mola Vecchia. Il mulino, distante 200 metri, è connesso con questa tramite un canale molto rovinato che rappresenta il "ductus supernus" di Fabretti [...] Sotto la Mola Vecchia il condotto si getta in una piscina limaria molto ben raffigurata da Fabretti. Le sue dimensioni sono di 13,57 X 10,67 metri [...] sebbene il disegno (di Fabretti) non sia del tutto accurato nel posizionamento delle aperture di accesso ed uscita dell'acqua [...] .
Da questo punto l'acquedotto corre su sostruzioni in cementizio di selce da cui il rivestimento di mattoni è stato rimosso. Dopo circa 200 metri la sostruzione lascia il posto agli archi [...] "
Quando gli acquedotti gabino ed alessandrino caddero in disuso le acque sorgive si riversarono nella pianura che divenne e prese il nome di Pantano (Pantano de Griffi, oggi Pantano Borghese) e nel 1585 Sisto V riallacciando più o meno la stessa Alessandrina prosciugò il pantano; questo pantano non divenne mai un lago, mentre esistevano due laghi nelle vicinanze: il lago Gabino (lacus Gabinus), oggi prosciugato e su cui oggi sono campi coltivati (valle di Castiglione), situato appena ad occidente di Gabii, sul lato sinistro della Prenestina ed i cui contorni sono ancora oggi molto ben delineati, ed il lago Regillo (lacus regillus), ancora oggi esistente e posizionato sulla sinistra della Casilina ai piedi del versante sud occidentale del Monte Falcone; tutto intorno al monte Falcone sono visibili gli estesi scavi, che sembrano anche essere cave di estrazione, in cui sono posizionati gli impianti delle sorgenti dell'Alessandrino o pantano borghese che oggi forniscono una piccola quota dell'acqua potabile di Roma.
tracciato dell'acqua Alexandrina dalle sorgenti alla città
Secondo la descrizione di Fabretti l'intero acquedotto su tutto il suo tragitto emerso era, se pure danneggiato, ancora sostanzialmente integro nell'anno 1680; già Lanciani ed Ashby a fine XIX secolo segnalavano che parti dell'acquedotto erano sparite; Fabretti dà una dettagliata descrizione di tutti i tratti su arcate; partendo dai luoghi più vicini all'Urbe e procedendo verso le scaturigini secondo la numerazione di Fabretti:
1. Vigna della Certosa Tratto di sostruzione nella vigna dei Certosini (villa Certosa)
2. Valle della Marranella 52 arcuazioni sulla valle della Marranella o dell'acqua Bollicante
3. Vigna del Grande sostruzione presso la vigna del Grande e l'intersezione con la Labicana
4. Fosso di Centocelle e Casa Rossa 92 arcuazioni sulla valle del fosso di Centocelle (viale Palmiro Togliatti, il tratto su archi più elevato)
5, 6, 7. Fosso di Centocelle 48 arcuazioni in tre valli che vanno a confluire nel fosso di Centocelle; la terza corrisponde al parco dell'Alessandrino
8. Tracce di derivazione secondaria che si dirige a sinistra verso i "ruderi della Bisaccia"
9. Casa Calda 102 arcuazioni nella pianura sotto casa Calda
10. Tor Tre Teste 28 arcuazioni attraversano la valle del fosso di Tor Tre Teste (Tenuta della Mistica)
11. Casa della Mistica 22 arcuazioni disposte su una curva nella gola sotto il casale della Mistica
12. Valle Lunga 50 arcuazioni descrivono una curva nel valico di valle Lunga
13. Tracce di derivazione di un ramo secondario verso destra che discende alla valle della piscina
14. Pedica di Tor Angela sostruzione di 12 passi con arco nel centro
15. Bella Monaca 28 arcuazioni sul fosso di Bella Monaca presso la Prenestina
16. 4 basse arcuazioni tra il fosso di torre Angela ed il fosso di Bella Monaca
17. Torre Angela singolo arco di pietra gabina per attraversare il fosso di Torre Angela [dal momento che l'intero acquedotto è in laterizi potrebbe apparire strano un singolo arco in opera quadrata ma del resto non vi è motivo per dubitare di quanto scritto da Fabretti; Ashby suggerì potesse trattarsi della strada di servizio del condotto che transitava sopra il fosso; del resto nulla è rimasto oggi]
18. 5 pozzi ed indizio di altri 3
19. Pozzo nel colle che divide l'Osa dal rivo di Nona
20. dopo un lungo tratto in galleria una sostruzione nella valle dell'Osa sotto casale e torre di S. Antonio
21. 67 arcuazioni presso il Procoio di Pantano
22. Riserva Vitellara 62 arcuazioni nel centro della pianura
23. 45 arcuazioni tra la piscina e la tenuta di Pantano
24. Tenuta di Pantano Piscina limaria di 46X36 piedi
Le quote altimetriche misurate sui resti del condotto (alla base dello speco) a fine XIX secolo riportate da Lanciani sono:
65 metri o poco meno alla rifolta sorgiva (65 è la quota della Felice)
53 metri nella tenuta di Pantano
51 metri sul fosso di Tor Bella Monaca
50 metri a tor Angela
50 metri alla casa della Mistica
49 metri alla casa Calda
47 metri al fosso di Centocelle
46 metri al fosso della Marranella
Questo da' una caduta media dell'acqua dello 0,438 per mille (44 centimetri ogni mille metri), tra le più basse fra le pendenze dei grandi acquedotti.
Supponendo che dal luogo in cui si interra definitivamente dopo il fosso della Marranella prosegua con medesima pendenza, il condotto arriva a porta Maggiore (distante 2700 metri) ad una quota di 44,82 metri, potendo giungere alle terme Alexandrine ad una quota di 43 metri, mentre il piano della città in campo Marzio ove sorgevano le terme era posto a 15 metri.
Sempre a Porta Maggiore la soglia della porta è a 49 metri e l'acqua Felice a 12,82 sopra la soglia; quindi secondo i calcoli di Lanciani l'Alessandrina è a 4,18 metri sotto il livello della soglia e la Felice a Porta Maggiore rimane 17 metri più in alto dell'Alessandrina.
Considerando che si preferiva realizzare i condotti in sotterranea, il tracciato dell'acqua Felice, sotterranea fino a Capannelle e da lì su arcate arrivando 17 metri sopra l'Alessandrina a Porta Maggiore, dimostra che il tracciato scelto per l'Alessandrina non fu la traiettoria più efficiente per ridurre il numero delle arcuazioni.
Fabretti ipotizzò che la strana traiettoria seguita dal condotto, per cui a Torre Angela sembrava provenire da Tivoli, cosa che durante la sua ricerca delle sorgenti lo trasse per un certo tempo in inganno, consentì di costruire gli archi su un terreno più compatto, in quanto avvicinandosi all'Aniene il terreno diviene più solido e stabile ed anche consentì di avvicinarsi alle cave di tufo rosso dell'Aniene, il tufo Collatino celebrato da Strabone che fu utilizzato in scaglie per la caementa dell'opera cementizia; e forse, ipotizza Fabretti, proprio la qualità di tale materiale ha consentito all'acquedotto, alto anche 70 piedi, di sopravvivere per così lungo tempo; Ashby ripete le stesse osservazioni ed osserva anche che un'altra motivazione poteva essere quella di agevolare la scarsa pendenza dell'acquedotto; Fabretti ancora osservava che Alessandro Severo volle l'acquedotto su arcate nonostante la scarsa altezza dell'acqua rispetto agli altri grandi acquedotti in modo da poter rendere evidente l'imponenza delle sua realizzazione.
Sul percorso dell'aqua Alexandrina all'interno delle mura
Dopo il fosso a Tor Pignattara e la sostruzione presso villa Certosa l'acquedotto si interrava definitivamente ed il suo percorso è sempre rimasto incerto.
Sul lato sinistro di via Principe Eugenio esisteva un castellum di acqua incerta raso al suolo da privati durante la costruzione dei palazzi umbertini; tale castello veniva individuato dal Piranesi come "avanzo nella vigna Magnani del ninfeo di Settimio (Alessandro) Severo"; l'altezza era di 44 metri, compatibile con l'Alessandrina, ma Lanciani frugando tra le macerie del castello appena demolito rinvenne due bolli dai quali deduceva l'impossibilità di attribuire il castellum ad Alessandro Severo.
Secondo Lanciani appare invece plausibile attribuire a questo acquedotto la piscina presso vigna Conti, attribuita generalmente alle terme eleniane e costruita sotto Alessandro Severo; tali piscine erano ancora praticamente intatte nel 1880; oggi restano alcune vasche all'angolo tra via Eleniana e via Germano Sommeiller appena dietro porta Maggiore.
Da qui il tragitto è estremamente incerto; presumibilmente dall'Esquilino si dirigeva verso il Quirinale e lo attraversava; all'inizio di via Rasella la chiesa di San Nicola in Arcione, presso lo sbocco del traforo del Quirinale, derivava la propria denominazione dalla presenza degli archi di un acquedotto che potevano essere appartenenti alla Alessandrina (Cassio 1,189); non potevano essere gli archi del Vergine perché troppo distanti dalla chiesa stessa; inoltre il Bartoli scrive: "fabbricandosi in strada Rasella il Palazzo de' Grimani.. si vidde un grosso condotto di acqua di somma perfezione la quale non si sa da dove venga" (Fabretti, De Aquis, p. 185, Cassio, 1, 189); la chiesa ed il contiguo tessuto urbano antico non esistono più; appresso alla chiesa è anche via in Arcione il cui nome evidentemente traeva origine dalle medesime arcuazioni.
Successivamente l'acquedotto si sarebbe anche potuto sovrapporre alle arcate del Vergine, ed entrambi dirigersi il primo alle terme di Severo con un'altezza anche di 28 metri sul livello del terreno ed il secondo alle terme di Agrippa, ma queste sono mere congetture; in ogni caso dovevano incrociare i loro percorsi per giungere alle rispettive destinazioni.
le terme Alexandriane
Furono cotruite nel 226 d.C. dove sorgevano le terme Neroniane, in una vasta area tra piazza Navona ed il Pantheon; le costruzioni in epoca rinascimentale dei palazzi Madama, Patrizi, Giustiniani e della chiesa di San Luigi dei Francesi hanno nascosto o distrutto le poche mirabili vestigia che si erano conservate dal Medio Evo.
La "Piazza Romana dell’Acquedotto Alessandrino" inaugurata nel Marzo 2006 nel quartiere Alessandrino.
La bella piazza (a parte le panchine che mi paiono un tantino troppo "massicce") è uno dei primi interventi di riqualificazione che interesseranno all’estrema periferia romana i quartieri Quarticciolo, Alessandrino e Tor Tre Teste attraversati dall’Acquedotto Alessandrino; è prevista la realizzazione di un percorso storico e naturalistico ed una nuova sistemazione degli spazi pubblici di questi quartieri lungo il tracciato dell’acquedotto e fino alla bellissima chiesa di "Dio Padre Misericordioso" a Tor Tre Teste progettata dall’architetto americano Richard Meier e costruita tra il 1998 ed il 2004.
Riferimenti
Rodolfo Lanciani - Topografia di Roma antica. I comentarii di Frontino intorno le acque e gli acquedotti. Silloge epigrafica aquaria memoria di Rodolfo Lanciani [In Italiano, pubblicato coi tipi del Salviucci, Roma 1880 - Digitizing sponsor: Google; Book contributor: Oxford University ].
Raffaele Fabretti - De Aquis et Aquaeductibus veteris Romae - Dissertationes tres [typis Ioannis Baptistae Bussotti Romae 1680]. (digitalizzazione non completa).
Traduzione dell’intera opera con note critiche aggiunte:
Aqueduct Hunting in the Seventeenth Century [in inglese - Harry B. Evans - Fordham University - University of Michigan].
Thomas Ashby - The Aqueducts of Ancient Rome (Gli Acquedotti di Roma Antica) [in inglese - published by Richmond, Ian Archibald, ed. 1902 - Oxford: The Clarendon Press, 1935 - Publication: Ann Arbor, Michigan - University of Michigan Library - 2005]