Il Rione Ripa - R. XII
L'attuale topografia del Rione XII Ripa deriva dal riassetto rionale del 1921, quando il Rione perse due ampie zone che divennero il Rione XX Testaccio ed il Rione XXI San Saba; attualmente comprende il colle del Grande Aventino, il Foro Boario, una parte del Velabro, il circo Massimo, l'isola Tiberina.
Lo stemma del quartiere è una ruota di timone bianca in campo rosso.
Il nome deriva da riva (del fiume); la zona era strettamente connessa al fiume in quanto in questo tratto del Tevere esisteva il porto di Ripa Grande sulla sponda destra del Tevere (in Trastevere), perso quando a fine ottocento vennero realizzati i muraglioni del Lungotevere.
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L'Aventino
L'Aventino è uno dei sette storici colli di Roma; ha due cime, il Grande Aventino incluso nel Rione Ripa a ridosso del Tevere alto 47 metri sul livello del mare e ad est, un poco più basso, il Piccolo Aventino corrispondente al Rione San Saba; le due cime sono separate da viale dell'Aventino che collega piazza di porta Capena a porta Ostiense.
Sono entrambi inclusi nelle mura Aureliane, mentre il solo Grande Palatino era incluso nella prima cinta serviana.
In epoca Imperiale il Grande Aventino divenne la regione XIII Aventinus ed il Piccolo Aventino la regione XII Piscina Publica.
Secondo la leggenda l'Aventino venne scelto da Remo per edificarvi la città contrapponendosi a Romolo che scelse invece il Palatino e fu qui che Remo vide in sogno i sei avvoltoi.
Nel VI secolo a.C., all'epoca del re sabino Anco Marcio fuorono qui deportati gli abitanti di alcune città latine conquistate che andarono a costituire il primo nucleo della Plebe Romana; successivamente nel 456 a.C. con la legge Icilia il colle venne dichiarato proprietà pubblica ed assegnato alle famiglie plebee che lo abitarono per l'intera epoca repubblicana; in epoca repubblicana ed augusta rimase quindi strettamente collegato ai commerci che animavano la vita dei porti fluviali, nella prima era repubblicana il porto Tiberino dinanzi all'isola Tiberina e successivamente l'Emporium al Testaccio.
All'Aventino si trovavano numerosissimi templi: Tempio di Minerva, Tempo di Cerere Libero e Libera, Sacello di Iside;
Sull'Aventino stava il tempio di Diana sede della Confederazione latina ed era quindi considerato territorio extraurbano pur se interno alle mura serviane;
Sul Piccolo Aventino al di sotto della porzione di colle detta Saxum (dove ora sorge Santa Balbina) era il tempio della Bona dea, anche noto come tempio della Bona Dea Subsaxana, costruito nel III secolo a.C. e dedicato alle guarigioni; si trovava appena a sud dell'estremità orientale del Circo Massimo e ne venne seguito il culto fino al IV secolo d.C.; in seguito se ne perse ogni traccia; il culto era esclusivamente praticato dalle donne e gli uomini non erano ammessi nel tempio in cui si praticavano forse riti orgiastici.
Questa abbondanza di templi in tutta Roma era dovuta al fatto che i romani erano soliti acquisire le divinità delle popolazioni assoggettate e quindi continuamente sorgevano nuovi templi di pari passo con l'espansione dei territori annessi.
Al tempo di Augusto il Grande Aventino era stracolmo delle abitazioni dei plebei; in epoca imperiale, anche per l'abbandono del porto fluviale dell'Emporium a favore del porto di Ostia e in quanto Roma si era molto espansa, il colle abbandonò progressivamente la sua natura popolare; venne incluso nel pomerium (il sacro confine di Roma) verso la metà del I secolo d.C. sotto l'imperatore Claudio e prese ad essere abitato dalle famiglie aristocratiche patrizie.
In corrispondenza di piazza del Tempio di Diana vennero costruite intorno al 250 d.C. le Terme Deciane delle quali nel sottosuolo sono state ritrovate parte delle fondamenta; qui sono anche stati trovati negli anni venti durante i lavori di costruzione di una fognatura alcuni ambienti con volta a crociera di una villa del II secolo d.C. ancora integri.
Nelle vicinanze, a ridosso dell'abside di Santa Prisca furono rinvenute le stanze di un'altra villa risalente alla fine del I secolo d.C., forse la domus di Traiano, su cui venne edificata la chiesa.
Gli ambienti ipogei di un'altra ricca villa risalente ad un'epoca tardo repubblicana (prima metà del I secolo a.C.) che era collocato lungo il Clivus Publicius sono stati scoperti negli anni 50 all'interno di un palazzo in largo Arrigo VII a 12 metri di profondità; sono anche state trovate tracce di opere di ristrutturazione risalenti alla seconda metà del I secolo a.C. (intonacatura degli ambienti, apposizione di un colonnato dorico e pavimentazione in signino) e altre tracce di decorazioni risalenti all'epoca Flavia (seconda metà del I secolo d.C.); nella prima metà del III secolo d.C. la villa venne abbandonata e venne ricoperta dalle fondamenta di un grosso edificio, probabilmente le terme deciane.
In seguito all'invasione dei Visigoti di Alarico a causa della sua connotazione aristocratica tutte le abitazioni vennero distrutte e da allora il colle si spopolò completamente.
Venne quindi nei secoli successivi adottato da religiosi e monaci per i loro eremitaggi e per edificarvi monasteri.
Ai tempi del Sacro Romano Impero intorno all'anno mille l'Imperatore Ottone III decise di trasferirsi a Roma per contrastare il crescente potere papale e realizzò la propria residenza fortificata su questo colle.
La rocca venne poi occupata dai Savelli, che già avevano costruito la loro dimora sopra i resti del Teatro di Marcello, di fronte all'isola Tiberina alle pendici del colle; nel 1216 Cencio Savelli divenne papa Onorio III.
Sul Grande Aventino si trova Santa Prisca, una delle più antiche chiese di Roma e qui vennero costruiti i monasteri di Sant'Alessio e Santa Sabina mentre sul Piccolo Aventino vennero edificate Santa Balbina nei pressi delle Terme di Caracalla costruita su preesistente edificio romano con murature in opera listata databili intorno al IV secolo d.C. e probabile parte della domus del console Cilone e San Saba costruita nel X secolo su una preesistente pianta dell'VIII secolo quando nel sottosuolo della chiesa venne realizzato il cimitero della comunità.
Nel sottosuolo di Santa Sabina sono stati trovati a più riprese importanti resti archeologici riferibili sia al periodo repubblicano che al periodo imperiale.
All'Aventino vissero Sant'Alessio e San Domenico e in Santa Sabina, assegnata dal papa ai frati Domenicani, si incontrarono Domenico di Guzmàn e Francesco d'Assisi probabilmente nel 1215 in occasione del IV concilio Laterano.
[riferimenti sui siti archeologici all'Aventino]
Fino a circa il 1890 il colle rimase praticamente disabitato a parte qualche casa alle sue pendici in prossimità di porta San Sesabastiano (Porta Ostiense) e mantenne intatto il suo suggestivo aspetto con la sola presenza dei monasteri, delle chiese e della rocca, più altri ruderi romani sparsi sul terreno, quali i resti delle mura serviane.
Rientrava nei progetti di edilizia residenziale previsti dai piani regolatori tra il 1870 e 1890 per la nuova capitale del Regno, sullo stile di quanto avvenne all'Esquilino, ma tali piani fortunatamente per il quartiere non furono attuati; sul finire dell'ottocento e nei prime decenni del 900 sul Grande Palatino vennero costruiti numerosi villini residenziali in stile liberty ed eclettico a partire dal lato occidentale verso il Tevere, via via a ricoprire l'intero colle verso porta Ostiense, edifici meno opprimenti in termini di spazio, di volumi e di estetica dell'edilizia umbertina e che lasciarono numerosi giardinetti secondo lo schema della città giardino.
Conosce anche l'edilizia intensiva del primo dopo guerra (1950 - 1970) che si diffuse come una metastasi per tutta Roma senza risparmiare neanche il più piccolo fazzoletto di terreno disponibile e vennero realizzate delle palazzine a riempire gli ultimi spazi disponibili; basta osservare come venne mirabilmente giunto il muro di confine di una palazzina con le mura serviane del IV secolo per comprendere quale fosse la filosofia di sviluppo urbanistico seguita in quegli anni; beninteso il responsabile è l'amministrazione pubblica che concede i permessi per costruire, in quanto i costruttori fanno il loro mestiere dal quale solitamente non cercano benemerenze ma unicamente profitti; fortunatamente per l'Aventino gli spazi disponibili nel dopoguerra erano limitati alla sola parte estrema del colle verso Testaccio e viale Aventino ed oggi è uno dei più eleganti quartieri residenziali di Roma, al di fuori del traffico caotico e dove è persino facile parcheggiare nonostante non sia in ZTL e si trovi a poche centinaia di metri dal cuore di Roma Antica; pulitissimo, tranquillissimo, le macchine ordinatamente parcheggiate, gli ausiliari del traffico che passano per tutte le strade ogni giorno, niente cacca dei cani per terra, le macchine e gli uomini dell'AMA a pulire tutti i giorni; insomma sembra un altra città.
A renderlo tanto diverso da altri quartieri oltre alla pulizia ed al fatto che è un luogo denso di storia, sono il bello stile architettonico delle case degli anni venti, che in questo luogo sono anche di pregio, i giardinetti in ogni palazzo che rendono sempre estremamente diverso l'impatto delle abitazioni ed il fatto che su tutto il colle non esista una sola attività commerciale.
arrivati sull'Aventino non si può non dare una sbirciatina dal buco della serratura del portone dell'ordine dei Cavalieri di Malta
Chiesa di Sant'Alessio
Piazza Sant'Alessio, 23
Il Giardino di Sant'Alessio
Il giardino si trova sull'Aventino tra Sant'Alessio e Santa Sabina, dal terrazzo sul Tevere si godrebbe un panorama analogo a quello del vicino belvedere del giardino degli Aranci pur se lievemente meno panoramico ma risulta completamente coperto dalle cime degli alberi. Nel 1877 divenne proprietà del Comune di Roma. All'interno si trovano la fontanella proveniente dalla villa Accoramboni distrutta quando venne demolita la spina di borgo per la realizzazione di via della Conciliazione nel 1937 e la statua marmorea di Santa Giovanna D'Arco realizzata da M. Real Del Sarte nel 1954 e dono alla città dell'autore.
Aventino - il giardino di Sant'Alessio e la chiesa dei Santi Alessio e Bonifacio; sulla destra il muro esterno di Santa Sabina coperto dalle impalcature per un restauro
Giardino di Sant'Alessio
Santa Giovanna D'Arco di M. Real Del Sarte e torre campanaria della chiesa dei Santi Alessio e Bonifacio
Fontanella proveniente dal Palazzo Accoramboni demolito nel 1937 durante la realizzazione di via della Conciliazione, ora situata nel giardino di sant'Alessio a ridosso del muro della omonima chiesa; l'acqua sgorgava dalla testa di un putto che è stata asportata.
La scritta scolpita sulla fontanella recita:
Proveniente demolito palazzo Accoramboni - piazza Rusticucci - MCMXXXVII A XVIII
Il giardino degli Aranci
Vista panoramica di Roma dal giardino degli Aranci sull'Aventino;
Dalla destra si vede il palazzo del Quirinale che occupa l'omonimo colle e l'abbagliante Altare della Patria che sovrasta il colle Capitolino e sulla destra la torre del palazzo Senatorio;
spostandosi verso sinistyra le tre cupole allineate sono San Carlo ai Catinari su via Arenula, Sant'Andrea della Valle su Corso Vittorio e la Basilica di Santa Agnese in Piazza Navona;
ancora sullo sfondo monte Mario, con l'osservatorio astronomico, le case del Belsito al Trionfale, l'antenna delle telecomunicazioni ubicata dove è l'hotel Hilton;
poi il cupolone al centro della foto e davanti a questo (rispetto al punto di vista) tutta Trastevere;
il Tevere percorre tutta un'ansa e si intravedono le cime degli alberi dei vari lungotevere secondo una traiettoria dall'alto verso il basso da sinistra a destra;
sulla sinistra il Gianicolo, col faro, la statua di Garibaldi, il fontanone dell'acqua Paola;
poi Monte Verde Vecchio e il Gianicolense.
Il clivo di Rocca Savella, una salitella che porta dal lungotevere al giardino degli aranci in cima all'Aventino
Il Circo Massimo
In epoca arcaica qui era la Valle Murcia che separa l'Aventino dal Palatino e da sempre il Circo Massimo fu il più grande circo di Roma dove si praticavano spericolate corse con i carri come fantasticamente ricostruito nel film "Ben Hur" nella famosa scena della corsa delle bighe.La corsa avveniva intorno ad una spina centrale di cui si vede il rilievo dei muretti nel prato;
Nel circo vennero disposti due obelischi agli estremi della spina; Augusto vi fece mettere l'obelisco di Ramsete II che Sisto V in epoca rinascimentale fece collocare in piazza del Popolo; il secondo obelisco venne fatto collocare da Costanzo e venne spostato sotto Sisto V in piazza San Giovanni in Laterano.
Nel lato corto orientale le tribune seguivano una curva, mentre dall'altro lato, le carceri in cui si preparavano i carri e da cui questi si immettevano nel circo, il profilo era rettangolare.
Fu qui che durante i giochi in onore del dio Consus avvenne il ratto delle sabine.
Misurava 580 metri di lunghezza per 118 metri di larghezza e poteva contenere sulle sue gradinate 150.000 spettatori.
Sul Palatino era il palazzo imperiale di Augusto che era provvisto di un'ampia terrazza da cui l'imperatore assisteva ai giochi.
Nel medioevo fu territorio della famiglia Frangipane.
Attualmente appare come una conca erbosa utilizzata in occasione di grossi raduni musicali e manifestazioni politiche; sotto al terreno restano in attesa i resti delle tribune e delle antiche strutture del circo; sono stati eseguiti degli scavi archeologici in una piccola parte della curva orientale del circo nei pressi della torretta negli anni trenta e poi negli anni ottanta che hanno portato alla luce un breve tratto della struttura delle prime due file delle gradinate; dagli scavi emersero anche le basi dell'arco trionfale di Vespaziano e Tito per la vittoria in Giudea ed anche tracce della canalizzazione dell'Acqua Mariana .
L'unica costruzione visibile nel Circo Massimo è, sul lato meridionale della conca, la solitaria torretta della mola di epoca medioevale, così chiamata in quanto sorgeva adiacente ad un mulino che sfruttava il corso dell'acqua Mariana per funzionare; la costruzione è anche nota come torretta di Jacopa de' Settesoli; in epoca medioevale la zona era scarsamente abitata e nel XIII secolo la famiglia Frangipane vi costruì la propria dimora fortificata della quale oggi resta la sola torretta; gli ultimi resti delle abitazioni medioevali, eccettuata la torretta, vennero spianati durante la seconda guerra volendosi scavare l'intera area del circo ma i lavori vennero interrotti.
Qui visse Jacopa de' Normanni vedova di Graziano Frangipane; questa divenne devota amica di San Francesco che conobbe quando questi venne a Roma per ottenere l'autorizzazione del Papa a praticare il francescanesimo (Francesco non era un frate) e il frate eremita fu anche ospite di frate Jacopa, come Francesco chiamava scherzosamanete la nobildonna, probabilmente nel 1210 oppure nell'ultimo viaggio a Roma di Francesco d'Assisi; anticamente nelle vicinanze sorgeva il Septizonium, uno straordinario ed enorme monumento di sette piani voluto da Settimio Severo nel 203 d.C. per celebrare le sue vittorie militari e che impressionava tutti i visitatori che giungevano a Roma dall'Appia; era situato al fianco del palazzo del Palatino, praticamente dove ora è via di San Gregorio, parallelamente a questa via e prospiciente alla piazza di Porta Capena; parti del monumento ancora erano presenti nel XIII secolo e probabilmente da questi ruderi deriva il nome di Settesoli con cui era nota la famiglia Frangipane ed anche frate Jacopa; in seguito Jacopa divenne terziaria francescana e pochi anni prima della sua morte andò a vivere ad Assisi dove è sepolta nella Basilica di San Francesco.
Note su San Francesco d'Assisi a Roma; i luoghi che visitò e ove soggiornò nei suoi viaggi a Roma.
Fotografia panoramica del Palatino (al centro) e di parte del Campidoglio (sulla sinistra con sullo sfondo l’altare della Patria) visti dall’Aventino. Davanti in primo piano la conca del Circo Massimo e via dei Cerchi. Sul Palatino (l’area dove secondo la tradizione Romolo fondò Roma) dalla destra si vede la Domus Severiana (ampliamento della Domus Augusta), la Domus Augusta ( la residenza dell’Imperatore per oltre tre secoli), L’antiquarium Palatino unica sopravvissuta delle numerose costruzioni realizzate sul colle dal rinascimento in poi; venne realizzato sulla sommità del colle nel 1868 dalle Monache della Visitazione; attualmente ospita solo alcuni reperti ritrovati nell’area, mentre la magior parte è ospitata nel Museo delle Terme; infine a sinistra la casa di Livia e di Augusto
Il Foro Boario
Il Foro Boario era la zona a ridosso del Tevere tra Campidoglio e Aventino ed esterno alle mura serviane; anticamente qui era il mercato corrispondente all'attuale piazza Bocca della Verità.
Ripa era anche la zona del porto; qui infatti era l'Antico porto Tiberino, il primo di Roma, ubicato probabilmente dove ora si trova l'anagrafe di fronte alla punta meridionale dell'isola.
Questo porto divenne insufficiente ai traffici di Roma e all'inizio del II secolo a.C. venne realizzato l'Emporium, il nuovo porto fluviale all'altezza di Testaccio di cui sono rimasti numerosi resti; era situato appena a valle del ponte Sublicio e operò fino alla costruzione dei porti di Claudio e Traiano ad Ostia nell'era imperiale.
Secondo la leggenda fu al porto Tiberino che sbarcò Enea.
Il porto era appena fuori delle mura serviane che qui transitavano lungo la sponda del Tevere includendo anche il Grande Aventino; era un luogo estremamente popolare dove si trovavano bettole e prostitute, frequentato da mercanti di molte etnie quali Etruschi e Greci.
In questo tratto del fiume quando Roma fu sicura di non poter più essere aggredita dalle popolazioni limitrofe ormai tutte assoggettate nacquero i primi ponti sul Tevere che portavano al lato transtiberino (trastevere); dapprima furono costruiti in legno onde poter essere distrutti in caso di necessità ed in seguito in pietra.
All'interno dell'area del Foro Boario si trovano il Tempio di Portunio, il Tempio di Ercole Vincitore e la chiesa di Santa Maria in Cosmedin.
Qui sbocca anche la cloaca massima dopo aver traversato Velabro e Foro Boario, ancora visibile appena oltre il ponte Palatino, contenuta in un enorme arco realizzato nel muraglione del lungotevere da cui è seminascosta.
chiesa di Santa Maria in Cosmedin, nel cui porticato si trova il mascherone della Bocca della Verità
Il Velabro
Il velabro era una zona interna alle mura serviane dedicata ai commerci; nell'area si trovano l'Arco di Giano, San Giorgio in Velabro, Sant'Omobono.
La zona è molto bassa rispetto a quelle intorno e quindi era una delle prime ad essere allagate dal Tevere in piena; la leggenda delle origini di Roma vuole che al Velabro si arenasse la cesta che conteneva Romolo e Remo trovati ed allattati dalla lupa.
Era attraversato dalle mura serviane che lo separavano dal Foro Boario e dal porto e qui si aprivano tre porte la cui precisa ubicazione non è stata definita dagli archeologi; attraverso la porta Triumphalis passava il percorso delle parate militari trionfali che giungevano poi nell'area del Foro percorrendo la via Sacra.
L'Arco di Giano venne eretto da Costantino per celebrare la sua vittoria su Massenzio e si trova lungo il percorso della via Triumphalis.
Divenne in epoca medioevale uno degli avamposti fortificati del territorio della famiglia Frangipane noto come Torre di Boezio; nel 1827 le sovrastrutture medioevali vennero demolite.
A fianco all'interno di una villa è possibile accedere alla Cloaca Massima
sotto sito V venne distrutto Il giano del Foro Boario
Nel cortile di Sant'Omobono sono state ritrovate le più antiche tracce di presenza umana di Roma.
Nel 1936 vennero cominciati i lavori per costruire edifici nel cortile della chiesa; rinvenuti i reperti archeologici e percepita l'importanza del sito i lavori vennero interrotti; in seguito sono state eseguite diverse campagne di scavo anche recentemente.
Qui sono state rinvenute le fondamenta di due antichi templi risalenti al VI secolo a.C., il tempio di Fortuna ed il tempio di Mater Matuta, uno dei quali sotto le fondamenta della chiesa.
Qui sono state trovate tracce di capanne arcaiche che rappresentano i più antichi resti archeologici di presenza umana rinvenuti a Roma.
Isola Tiberina
L'isola Tiberina è da sempre legata alle guarigioni.
Livio racconta che i romani portarono a roma un serpente dal dio greco delle guarigioni; arrivati al porto tiberino il serpente strisciò sul ponte della barca e si buttò in acqua raggiungendo la boscaglia dell'isola dove trovò riparo; un chiaro segno che l'isola doveva essere dedicata a questo scopo.
Ponte Cestio
Il ponte Cestio collega l'isola Tiberina al lato destro del Tevere.
La prima realizzazione del ponte risale al 46 a.C., ad opera di Lucio Cestio fratello di Caio Cestio proprietario della famosa tomba a porta Ostiense nota come la Piramide.
Il ponte era chiamato anche Ponte delle Catene a causa delle numerose catene attaccate ai suoi piloni utilizzate per ancorare le chiatte dei mulini galleggianti che sfruttavano la corrente particolarmente impetuosa in questo tratto del fiume a causa della strozzatura provocata dalla presenza dell'isola; tale attività cessò dopo l'alluvione del 1870.
A causa dell'impeto dell'acqua il ponte subì numerosi restauri finché nel 370 d.C. venne completamente ricostruito sotto gli Imperatori Valentiniano, Valente e Graziano; a ricordo di tale ricostruzione vennero affisse sui parapetti delle epigrafi in marmo; di queste ne rimane solo una che ricorda come parte del materiale per la sua ricostruzione venne prelevato dal vicino Teatro di Marcello, all'epoca già in disuso.
Il ponte, come testimoniato da fotografie e dipinti d'epoca era ad una sola arcata a sesto ribassato affiancata da due fornici minori con arco a tutto sesto in cui passava acqua solo nelle piene.
Tra il 1888 ed il 1892 in conseguenza della costruzione dei muraglioni del Tevere sotto la direzione dell' ingegner Canevari vennero distrutte tutte le case che si trovavano sulle due sponde ed anche quelle sull'isola dal lato del ponte Cestio in modo da ottennere nel braccio destro del fiume una golena (lo spazio che include alveo e argine) di 80 metri; il ponte Cestio venne completamente smontato e poi ricostruito così come si presenta ora a tre arcate a sesto ribassato con le aperture delle due nuove arcate esterne quasi uguali a quella centrale; la sua lunghezza è passata dai 48,5 metri originari agli 83 metri attuali; i massi e i conci di travertino del ponte antico vennero in parte riutilizzati nella costruzione dell'arco centrale che risulta simile all'originale del IV secolo (ma ricostruito), mentre i due archi laterali sempre in travertino nulla hanno a che vedere col ponte romano; una eccellente messa in opera, ma le proporzioni del ponte romano sono andate perse.
Come spiegato nel cartellone illustrativo apposto sul lungotevere ad opera dell'Assessorato alle Politiche Ambientali ed Agricole il corso del fiume nel tratto cittadino sta' subendo a partire dall'ultimo secolo un progressivo processo di erosione dell'alveo che si è abbassato di due metri; la causa di tale fenomeno va' ricercata nella costruzione di mura di contenimento e nella realizzazione di opere di rettifica del corso del fiume (drizzagni) per eliminare le anse del fiume, opere che hanno portato l'acqua a scorrere con maggiore velocità, a causa delle sponde dell'alveo in muratura e del percorso più rettilineo e comunque agevolato, aumentandone la capacità erosiva; inoltre i sedimenti trasportati dal fiume si sono ridotti al 3,7% di quanto era trasportato solo 40 anni fa' a causa delle complessivamente 23 dighe costruite sul fiume a monte della città che agiscono da filtri per il materiale solido trasportato dall'acqua; infine l'alveo del fiume ha sofferto in conseguenza del prelievo di sabbia e ciotoli.
Le due rapide realizzate all'altezza dell'isola Tiberina servono per regolare il flusso dell'acqua nei due bracci di fiume attorno all'isola e trattenere i sedimenti onde rallentare il fenomeno di erosione che scalza le opere murarie.
Ponte Fabricio
Il ponte venne costruito ad opera del Curator Viarum Lucio Fabricio nel 62 a.C. e risulta quasi integro ed il più antico fra quelli esistenti a Roma.
SI presenta con due arcate a sesto ribassato in travertino ed un pilone centrale in tufo; si avevano tre fornici minori da cui defluiva l'acqua nelle piene di cui resta solo il centrale mentre quello dalla parte dell'isola venne inglobato dalla medioevale torretta della pulzella e quello sulla sponda del rione Ripa venne inglobato dalle abitazioni rinascimentali costruite lungo il fiume e poi assimilato dal muraglione.
Il progetto originario di riassetto delle sponde del Tevere concepito a seguito della piena del 1870 fu in questa zona particolarmente distruttivo, nonostante che non venne realizzato completamente in quanto prevedeva anche la soppressione del braccio sinistro del Tevere (che ha una minor portata) col congiungimento dell'isola Tiberina alla sponda sinistra.
Il ponte è conosciuto anche come ponte dei quattro capi per via delle 4 erme quadrifonti collocate sulle spallette nel XVI secolo; queste furono in seguito rimosse e portate nelle chiese di san Gregoretto e di San Bartolomeo; all'inizio dell'ottocento due furono ricollocate sul ponte.
La Cloaca Massima
La Cloaca Massima è il principale sistema fognario dell'antica Roma, in cui confluivano altri condotti secondari.
È realizzata in opera quadrata con copertura a volta sempre in opera quadrata di tufo ed è esplorata dagli archeologi solo nel suo tratto iniziale.
La cloaca inizia nei pressi della chiesa dei Ss. Quirici e Giuditta, attraversa l'Argiletum tra Esquilino e Quirinale, passa sotto al Foro Romano dove è la Basilica Emilia, passa quindi per il Foro Boario nei pressi della chiesa di S. Giovanni Decollato, quindi nei pressi del Tempio di Ercole Vincitore e si getta infine nel Tevere appena a valle del Ponte Emilio (il ponte Rotto).
Venne realizzata sotto il Re Tarquinio Prisco e risale al VI secolo a.C.