Il Barocchetto romano: 1920 - 1935


Barocchetto romano
il Barocchetto romano è uno stile architettonico diffusosi negli anni 20 del XX secolo; il termine fu coniato per lo stile utilizzato nella realizzazione della Garbatella da Gustavo Giovannoni (Roma, 1873 ­ Roma, 1947), architetto e ingegnere italiano (fonte wiki).

Col termine Barocchetto ci si può anche riferire al genere dell'ultimo barocco, di fine seicento inizio settecento, stile che precederà il Rococò di metà settecento; per definire il genere architettonico dei primi novecento, oggetto di questa pagina, è probabilmente preferibile utilizzare il termine Barocchetto Romano, onde distinguerlo in modo chiaro dal Barocchetto del XVIII secolo.

La Garbatella
La zona storica della Garbatella si sviluppa tra 1920 e circa 1935 ed è suddivisa in 62 lotti affidati dall'Istituto Case Popolari (ICP) a differenti architetti ed ingegneri, su un territorio di circa 26 ettari; con Gustavo Giovannoni contribuirono ai progetti della Garbatella Massimo Piacentini (fratello di Marcello), Innocenzo Sabbatini (in qualche modo critico nei confronti del barocchetto di Giovannoni), e successivamente, Costantino Costantini, Plinio Marconi, Gian Battista Trotta.
La Garbatella nacque nell'ambito della pianificazione urbanistica umbertina, che prevedeva la costruzione di un canale parallelo al Tevere che doveva giungere fino ad un porto che potesse servire Roma, collocato tra Testaccio e Garbatella, ove ora è via del Porto Fluviale; furono previsti una serie di lotti abitativi per i lavoratori del futuro porto, e fu così che Vittorio Emanuele III il 18 febbraio 1920 pose, in una cerimonia ufficiale, la prima pietra in piazza Benedetto Brin dove è apposta una lapide commemorativa.



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Il primo nucleo con i lotti da 1 a 4 fu realizzato nel 1920 - 1923 tra via Cialdi, via della Garbatella e via delle Sette Chiese ed era costituito da 44 fabbricati con 190 alloggi; Gustavo Giovannoni era il Presidente della Associazione Artistica tra i Cultori di Architettura, Innocenzo Costantini e Massimo Piacentini rappresentavano l'ICP, Giovannoni e Piacentini furono i progettisti del piano d'insieme; Progetti: Innocenzo Sabbatini edifici di maggior mole (tipo M, N, O) e Carlo Palmerini (tipo P) demolito - di sei edifici di maggior mole ne sono oggi rimasti 3, casette giardino (tipo da A a L) su progetti di Felice Nori, Carlo Palmerini, Plinio Marconi (di quest'ultimo anche le scalinate).
Si utilizzò quindi il modello della città giardino, realizzando piccoli villini economici dotati di giardinetti privati ed alcuni fabbricati di maggior mole; il rapporto tra verde ed abitato dei progetti dei primi anni era altissimo; questa tipologia della città giardino si diffuse in quegli anni in diverse zone di Roma (Coppedè, San Saba, Aventino, città giardino Aniene a Monte Sacro, villini al Pigneto).
Il secondo nucleo si sviluppa tra via della Garbatella, via Ansaldo, via Ferrati e via delle Sette Chiese nel 1923 - 1926.
Intorno al 1924 -1925 il regime fascista impose un certo cambiamento nelle filosofie costruttive dell'ICP; era necessario reperire un certo numero di abitazioni popolari per proseguire il decentramento abitativo provocato dagli sventramenti nel centro storico e si abbandonò lo schema dei villini per costruire edifici più economici e con una maggiore densità abitativa: aumentava il numero di piani dei palazzi, i palazzi divenivano via via più massicci e diminuiva la quantità di verde prevista; tuttavia restarono in parte alcuni principi urbanistici volti a realizzare un tessuto urbano che desse una dimensione di vita se non agreste comunque paesana, realizzando piazzette, giardini, orti comuni, asili nido, il cinema-teatro, alberghi suburbani per senza tetto e per artisti.
Il terzo nucleo abitativo fu realizzato intorno alle vie Passino, Obizzo e Ansaldo negli anni 1926 - 1930.
L'apice del cambiamento da città giardino a fabbricati intensivi si ebbe nel 1927 - 1928 con la realizzazione dei tre alberghi suburbani, il rosso, il bianco ed il giallo, tre enormi condomini abitativi nei pressi di piazza Eugenio Biffi destinati ad ospitare gli sfollati e alcuni anni dopo, nel 1933 - 1934, il quarto albergo suburbano.
Questi alberghi, lotti 41, 42, 43, 44, furono pensati come alloggi temporanei per le famiglie sfrattate; alla Garbatella gli sfrattati arrivarono in conseguenza dell'apertura dei Fori Imperiali, della via del Mare e dei lavori al Teatro di Marcello; erano in sostanza dei dormitori, con cucine, mense e bagni comuni; nell'Albergo Rosso, lotto 42, erano le scuole elementari e una chiesa, nell'Albergo Bianco, lotto 41, la maternità.

Tra 1925 e 1927, su progetti di Gian Battista Trotta, si realizzò un'ampa area destinata a baraccati e senza tetto, sistemati nella zona orientale.
Tra 1926 e 1927, su progetto di Plinio Marconi, sorse un'altro comprensorio destinato al ceto medio con case riscattabili.
Nel 1929 per il XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori fu bandito un concorso per la realizzazione di casette modello di tipo economico; fu quindi realizzato il lotto 24 ad opera di numerosi progettisti che parteciparono al concorso: Mario De Renzi, Pietro Aschieri, Gino Cancellotti, Plinio Marconi (fuori concorso), Mario Marchi, Luigi Vietti.


Dettaglio del busto di Carlotta, detta la garbatella

La Garbatella, anche nota come Carlotta o forse Maria, in piazza Geremia Bonomelli.
La tradizione popolare narra che costei fosse un'ostessa che aveva una locanda in questa zona; l'ostessa garbata e bella sarebbe poi stato sincopato in garbatella; si narra della sua caritatevole assistenza ai bisognosi ma alcuni sostengono che ella in realtà concedesse favori sessuali ai viaggiatori da cui la sua fama; a favore della seconda tesi si osservi che nel bassorilievo la Carlotta, se non vedo male, pare abbia un seno scoperto ed un sorrisetto malizioso; Il festone riportante la scritta era uno stucco crollato anni fa e ripristinato in pittura.


Una finestra con balconcino in barocchetto alla Garbatella

Garbatella, Lotto 15: particolare di una palazzina su via Edgardo Ferrati: balconcino a mezzaluna tipico del barocchetto romano


Una finestra con balconcino in barocchetto alla Garbatella

Garbatella, Lotto 15: la stessa palazzina su via Edgardo Ferrati ed un altro differente balconcino tipico del barocchetto romano




Garbatella Lotto 24

Garbatella: Lotto 14 - progettista Palmerini (1926 - 1930);
in Via Francesco Passino; in alto sono caduti tre dei 4 stucchi, una sorta di candelabri con in cima una pigna.




Garbatella Lotto 20

Garbatella: Lotto 20 - Barocchetto Romano




Innocenzo Sabbatini: vista di una facciata dell'Albergo Rosso alla Garbatella

Innocenzo Sabbatini (1927-1928)
Albergo Rosso alla Garbatella
I quattro alberghi di Sabbatini, che arrivano ad affacciarsi tutti su piazza Michele da Carbonara, erano dei dormitori pubblici per gli sfollati, dotati di asili nido, refettori e servizi in comune; il refettorio dell'albergo rosso fu distrutto nel bombardamento del 43.
Sabbatini pare fosse critico nei confronti del barocchetto proposto da Giovannoni; inoltre il regime fascista richiedeva edilizia popolare con più alta densità abitativa rispetto alle prime realizzazioni dell'ICP alla Garbatella e gli alberghi rappresentano il culmine di tale trasformazione.
Sabbatini si ispira al barocco del Borromini: l'andamento concavo imita la facciata dell'oratorio dei Filippini, la torretta con l'orologio e la cupola in ferro rimanda alla torre dell'orologio del medesimo complesso edilizio, all'angolo tra via dei Filippini e via del Governo Vecchio; al contempo si notano i tratti lineari della nuova visione razionalista e le dimensioni e la solennità dello stile littorio; non saprei esattamente come definire tale stile, forse un barocchetto-razionalista-littorio
[Cylindrical projection; la parte destra del palazzo è identica alla sinistra, appare curva per effetto di tale proiezione, mentre invece è rettilinea; del resto la proiezione cilindrica mi consente di riprendere una panoramica di circa 160 gradi mantenedo le proporzioni reali ma introducendo come contropartita tali distorsioni curvilinee per le componenti orizzontali delle linee molto al di sopra della linea d'orizzonte].



Dettaglio di una palazzina in barocchetto romano su via Luigi Fincati alla Garbatella

Plinio Marconi 1923 - 1926
Garbatella, Lotto 8, edificio a corte semintensivo e semieconomico; nella foto un piccolo tratto su via Luigi Fincati.
Barocchetto romano.
Si tratta di un ampio comprensorio posto tra via Luigi Fincati, via Giovanni Ansaldo e via Caffaro con un cortile interno in cui è un bel giardino.
Si osservi l'alternanza alle finestre di persiane e tapparelle: le finestre con l'arco hanno l'avvolgibile, quelle con l'architrave le persiane.


barocchetto romano alla Garbatella – Plinio Marconi

Plinio Marconi (1923 - 1926)
ancora il bellissimo Lotto 8, edificio a corte semintensivo e semieconomico; angolo su via Giovanni Ansaldo .




Barocchetto romano alla Garbatella: palazzina in via A. Macinghi Strozzi

Plinio Marconi 1926 -1927
Lotto 11 - barocchetto romano alla Garbatella: palazzina in via A. Macinghi Strozzi; il lotto si articola in 5 fabbricati disposti lungo la via: un edificio centrale di maggior mole, affiancato da due palazzine ed agli estremi del lotto da due villini; nella foto una delle due palazzine.
Si osservi l'utilizzo di persiane alle finestre con architrave e di avvolgibili alle finestre ad arco.






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Barocchetto Romano ­ tratti distintivi
Il Barocchetto Romano nasce come stile distintivo dell'edilizia popolare dell'ICP (Istituto Case Popolari) alla Garbatella nel 1920.
Le linee strutturali del primo barocchetto richiamano il barocco ed anche le strutture medioevali, a volte abbellite da stucchi con figure di animali e fregi di sapore medioevale, finestre alte e strette con arco a tutto sesto, torrini, balconcini, semitorri cilindriche (bow-window) che interrompono le superfici piane delle mura o poste all'angolo dell'edificio, a volte semitorri ottagone di cui sulla parete piana fuoriescono tre lati.
L'intonacatura è generalmente di color giallo ocra o rosso mattone; nei piani bassi e per gli abbellimenti si poteva utilizzare tufo liscio e bugnato, travertino ed anche peperino; per molti aspetti è simile al liberty ma rispetto a quest'ultimo i fregi floreali e geometrici sono praticamente assenti.
Sul muro intonacato si possono utilizzare i mattoni come elemento decorativo, disponendoli a sbalzo creando un rilievo con corsi di mattoni rientranti alternati a corsi sporgenti, corsi a 45°sporgenti o a filo (la parte più sporgente è lo spigolo, a sbalzo per creare effetti geometrici in rilievo, realizzando marcapiani, voltine su porte e finestre, lesene, variazioni di tessitura varie, quali a spina di pesce, bugnato, plissettato.
Riguardo la tecnica muraria usata nella realizzazione dei fabbricati ritengo che solitamente tutti i palazzi di questo genere siano realizzati con muri a sacco alla romana e paretine divisorie in mattoni; alle finestre per lo più erano usate le persiane ma si riscontrano anche situazioni miste con l'uso contemporaneo di persiane e avvolgibili (Plinio Marconi alla Garbatella nel 1923 è il primo utilizzo di avvolgibili o tapparelle che ho potuto verificare); gli avvolgibili erano una novità e venivano soprattutto utilizzati nelle case razionaliste; in effetti la serranda per negozi fu inventata nel 1897 a Torino dall'azienda Benedetto Pastore (fonte wiki ita) ma non ho ancora avuto modo di scoprire dove e quando fu inventato l'avvolgibile per le finestre.

In effetti tale genere architettonico non è una novità assoluta, in quanto già si possono notare le stesse atmosfere e tendenze ad esempio alla città giardino del quartiere San Saba (1906 - 1923), sul Piccolo Aventino, ad opera di Quadrio Pirani e Giovanni Bellucci, in cui erano utilizzati in abbondanza come abbellimenti mattoni a sbalzo e blocchi di travertino bugnati.
Giovannoni esprime la volontà di seguire uno stile regionale e locale, che tenga conto delle peculiari condizioni climatiche, delle tradizioni artistiche, dei materiali e dei colori del luogo, rifiutando la banalità del nuovo Stile Internazionale che andava diffondendosi in altri paesi europei e rifiutando le città moderne rese tutte piattamente uguali dalla fretta nel costruire e dalla banalità delle soluzioni architettoniche.
Egli inoltre aspirava al superamento dello stile umbertino ispirato alla regolarità del classicismo rinascimentale ricercando ispirazione nel barocco seicentesco e settecentesco.
Il barocchetto romano rientra quindi nell'ambito dello stile Novecento, contrapponendosi decisamente allo geometrie dello stile razionalista ma anche cercando il superamento dello stile umbertino.

Del barocchetto popolare "prima maniera", una architettura pensata per le classi popolari che avesse al contempo una certa dignità, si hanno numerose varianti dovute a diversi fattori.
Innanzitutto in conseguenza della sensibilità del singolo architetto che si cimentava nel genere, e ad esempio Sabbatini aveva uno stile di barocchetto che risentiva delle influenze razionaliste.
Inoltre il regime fascista proseguì le opere di edilizia pubblica popolare alla Garbatella ed in altri luoghi, ma impose una maggiore densità abitativa, e quindi i palazzi crebbero in altezza ed in larghezza e di tali esigenze risentì anche il barocchetto alla Garbatella; il regime si insediò nel 1922 e dai villini col giardinetto si passò ai palazzi con corte interna e nel giro di pochi anni si arrivò agli alberghi rosso, bianco e giallo del 1927.
Un altro fattore di evoluzione del barcchetto è dato dal fatto che il genere prese ad essere utilizzato nell'edilizia residenziale per il ceto medio e medio-alto dando al barocchetto romano un aspetto meno cupo e medioevale; anche l'ICP, che si occuperà di costruire abitazioni di un certo decoro per il ceto medio, la classe impiegatizia romana, in aree prossime al centro, quali il Trionfale (Sabbatini 1919 - 1927), Piazza d'Armi (Sabbatini 1925 - 1928), piazza Perin del Vaga (Alessandro Limongelli 1924 - 1926), adotta le linee architettoniche proposte dal barocchetto.


Marcello Piacentini - palazzina residenziale in stile barocchetto romano

Marcello Piacentini - il dettaglio del bow-window della elegante palazzina residenziale in viale Liegi 42 (1923) in stile barocchetto romano; ora è sede di una ambasciata.


Esempio di facciata in barocchetto romano al Trionfale

La facciata di un palazzo su 5 piani in Barocchetto Romano in Largo Trionfale 13, lungo la via Trionfale, inserito a schiera tra altri palazzi; anno 1926, proprietà F. Lauricella; l'intera facciata è ricoperta in travertino, che, se fosse pulito dallo smog, sarebbe bianco, questo in particolare probabilmente tendente al beige; non ne conosco il progettista.



Esempio di facciata in barocchetto romano al Trionfale

Porzione di facciata dal terzo al quinto piano del palazzo su 6 piani, (piano rialzato e 4 piani più sopraelevazione) in Eclettico, una via di mezzo tra Barocchetto Romano e Liberty situato all'angolo di via Andrea Doria e via Girolamo Savonarola; probabilmente anni 20; il sesto piano è una sopraelevazione fatta non in stile, se pure hanno provato a realizzare una rozza imitazione delle decorazioni dei piani inferiori; nel quartiere vi sono numerosi palazzi con la sopraelevazione.


Una ulteriore evoluzione del genere è dovuta alla contaminazione tra barocchetto e razionalismo che portò a rielaborare drasticamente il genere in chiave razionalista moderna eliminando sempre più l'ornamento dalle facciate (ad esempio la palazzina casa de' Salvi di Aschieri in piazza della Libertà nel (1929-1930), il palazzo in piazza Trasimeno 6 sempre di Aschieri (1931), il palazzo di Calza Bini Casa COOP Leonardo in via Avezzana al quartiere Della Vittoria, Gino Capponi al Lungotevere Arnaldo da Brescia nel 1928).


Alberto Calza Bini: Casa Coop Leonardo in via Avezzana, 51 - barocchetto romano

Alberto Calza Bini: Casa Coop Leonardo in via Avezzana, 51 - barocchetto romano; si osservi che talune finestre sono chiuse da persiane, la maggior parte da serrandine avvolgibili; essendo mischiate in modo caotico ho il sospetto che alcuni condomini abbiano deciso di passare alle serrande, ma potrebbe essere che già originariamente la situazione fosse mista; certo è difficile che qualcuno abbia sostituito l'avvolgibile con le persiane mentre a volte accade il contrario.



Infine una ulteriore evoluzione o meglio degenerazione si ha nel dopoguerra quando le palazzine si cominciano a somigliare tutte ispirandosi in modo piuttosto vago al razionalismo architettonico, e a tante (penso ad esempio al quartiere Flaminio, o all'Appio Latino) venne dato un tocco di barocchetto con l'utilizzo di schiere di balconcini a mezzaluna, ma questo è un altro discorso che riguarda l'orrenda edilizia che si prese ad utilizzare a partire dagli anni 50 e che raggiunse il suo apice negli anni 60 e 70.

Molti architetti, che successivamente avrebbero subito le influenze del movimento moderno, negli anni 20 seguirono talvolta tale stile adattandolo successivamente alle tendenze moderne ed alle richieste delle immobiliari di massimizzare i profitti.
Nei quartieri costruiti negli anni venti e trenta si possono vedere numerosi esempi di barocchetto romano, ad esempio nei quartieri Trieste, Parioli, Flaminio, Prati, Delle Vittorie, Appio Latino, Nomentano, Trionfale (via Andrea Doria e dintorni).
Tra i tanti architetti che utilizzarono questo genere si possono ricordare: Innocenzo Sabbatini, Cesare Bazzani, Mario De Renzi, Luigi Ciarrocchi, Enrico Del Debbio, Pietro Aschieri, Gino Capponi, Plinio Marconi, Vincenzo Fasolo, Ettore Fagiuoli, Marcello Piacentini, Alberto Calza Bini.






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10 marzo 2013