Architettura Razionalista a Roma tra 1920 e 1940

Razionalismo italiano, Neoclassicismo Semplificato, Stile Littorio

Nel seguito vengono evidenziate alcune opere edilizie razionaliste realizzate nella città di Roma all'incirca dal 1920 al 1940 attinenti alle influenze dell'international style, che cercavano cioé di superare la precedente architettura umbertina e liberty; vengono altresì evidenziate le opere pubbliche in stile littorio - monumentalista che hanno molte affinità col razionalismo.
Questo fu un periodo architettonicamente estremamente variegato in quanto se da una parte alcuni architetti seguirono i canoni del Razionalismo al contempo col Movimento Novecento si cercava una nuova via modernista che anche rispecchiasse i canoni neoclassici ed accadde che molti architetti furono attivi in entrambe le scuole architettoniche; inoltre si sviluppò nelle opere pubbliche lo stile del Monumentalismo - Littorio riferibile al Neoclassicismo Semplificato di Piacentini.
L'edilizia privata a Roma oltre a pochi esempi razionalisti e a molta architettura post-umbertina senza uno stile definito, utilizza largamente lo Stile Novecento, il Barocchetto Romano, sempre riconducibile ai canoni del gruppo Novecento, ed anche lo stile Liberty.
Gli stili neoclassicheggianti del periodo vengono tutti abbandonati nel dopoguerra mentre la corrente razionalista continuerà invece ad essere seguita dopo la guerra evolvendo in modo non unitario nella ricerca del superamento dell'architettura precedente e determinando in qualche misura le evoluzioni architettoniche degli anni 50 e successivi.



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Funzionalismo

La corrente architettonica del Funzionalismo nasce nei primi anni del XX secolo e ricerca la funzionalità degli edifici anche a scapito della bellezza; la nascita della industria moderna spinge a ricercare l’efficienza e la produttività: l’edificio deve essere funzionale allo scopo per cui è stato creato, e deve servirlo nel miglior modo possibile; tale movimento culturale proto-razionalista sarà alla base dello sviluppo del Razionalismo italiano ed anche di tutto il movimento Moderno Europeo, influenzando anche il De Stijl ed il Bauhaus.

Movimento Moderno

Il Movimento Moderno si sviluppa in Europa, tra la Grande Guerra e la Seconda guerra sulla base delle esperienze funzionaliste; le numerose innovazioni tecnologiche di quegli anni, la possibilità di utilizzare nuovi materiali edili, la ricerca della funzionalità e della efficienza, la ricerca di nuovi canoni estetici, sono i fattori alla base di tale movimento, fortemente innovatore in architettura e nel design.
La figura di maggiore importanza di tale movimento culturale fu Le Corbusier che organizzò i CIAM, i Congressi internazionali di architettura moderna, in cui si definì un’architettura ed un’urbanistica funzionali; a questi si rifaranno in vari modi e misure il De Stijl, il Bauhaus, il Costruttivismo, il Razionalismo italiano; dal momento che nacquero numerose scuole di pensiero influenzate da tali riflessioni e sensibilità, negli USA per identificare complessivamente tale movimento nel 1936 fu coniato il termine di International Style.

Razionalismo Italiano

Nel 1927 sette architetti provenienti dal Politecnico di Milano formarono il Gruppo dei Sette (Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava, Giuseppe Terragni e Ubaldo Castagnoli; quest’ultimo fu sostituito nel 1927 da Adalberto Libera) e nel 1930 questi stessi fondarono il M.I.A.R.: Movimento Italiano per l’Architettura Razionale.
Questo movimento culturale riprende ed elabora i temi del Movimento Moderno Europeo, del Funzionalismo nato nei primi anni del secolo ed anche del Costruttivismo Russo, teso alla ricerca di un ordine e di una coerenza unitaria estetica e funzionale dell’insieme architettonico; si parte dall'analisi razionale delle funzioni e delle esigenze delle strutture abitative o pubbliche o industriali, si considerano i materiali e le tecniche realizzative più idonee alla realizzazione dell'opera, si omette ogni considerazione emotiva cercando la pura forma espressa dalla sua funzione; si pone in contrapposizione al Romanticismo ormai divenuto formale conservatorismo borghese (che a Roma si esprime fondamentalmente col neorinascimentale umbertino e l'eclettismo) e con l'Irrazionalismo decorativo dell'Art Nouveau.
L'ornamento fine a sé stesso viene rifiutato, si definisce la necessità di una stretta connessione tra forma e funzione, si utilizzano nuovi materiali e nuove tecnologie costruttive, quali ad esempio il calcestruzzo armato il cui uso si comincia a diffondere nell'edilizia privata a Roma negli anni trenta e che consente soluzioni architettoniche e strutturali fino a quel momento inesplorate, si prende ad utilizzare elementi prefabbricati di dimensioni standard che consentono di velocizzare l'edificazione e di definire degli standard funzionali semplificando la realizzazione dei progetti e riducendo i costi di realizzazione.
Al MIAR aderirono in breve una cinquantina di architetti, tra i quali G. Pagano, M. Ridolfi, P. Aschieri, ma il movimento non rispondeva alle esigenze di monumentalità, di solennità e di richiamo al passato richieste dal regime e, dopo la mostra tenuta a Roma nel 1931, in forte polemica con le posizioni dei tradizionalisti dell'architettura accademica ufficiale, il movimento si sciolse nel 1932, sotto la minaccia di espulsione dal Sindacato Fascista degli Architetti che intanto creava il RAMI (Raggruppamento Architetti Moderni Italiani), movimento che vide tra i fondatori Moretti, De Renzi, Paniconi, Pediconi, Tufaroli; altri architetti che aderirono al RAMI sono: Concezio Petruccci, Giuseppe Nicolosi, Marchi, O. Seno, C. Vetriani; il RAMI si dichiara a favore dell'Architettura Moderna ma anche invoca la continuità del passato nel presente nel nome della storica supremazia dell'architettura italiana, rifiutando il lavoro di gruppo a favore dell'esaltazione delle singole personalità; in questo gruppo confluirono alcuni Razionalisti ma la maggior parte degli architetti del MIAR continuarono la loro ricerca estetica in forma isolata, individuale e più limitata, riuscendo tuttavia anche a realizzare alcune opere pubbliche soprattutto a Milano, Torino ed in generale nel nord Italia ma anche a Roma.
Il Razionalismo Italiano si svilupperà quindi mescolandosi con lo Stile Novecento e soprattutto con il Neoclassicismo Semplificato di Piacentini, più consoni alle esigenze estetiche del fascismo; il regime era soprattutto attento allo stile utilizzato nell'edilizia pubblica dove venne a definirsi negli anni Trenta lo stile Littorio, incontro tra Neoclassicismo semplificato monumentale, metafisica e razionalismo; il regime voleva essere al passo coi tempi, dinamico e moderno e tendeva per quanto possibile ad inglobare all'interno della cultura ufficiale le novità dell'architettura moderna razionalista proposta dai giovani architetti; al contempo non poteva rinunciare al simbolico e retorico richiamo alle glorie della romanità imperiale e Piacentini seppe proporre uno schema di architettura che sintetizzasse queste esigenze; così ad esempio quando nel 1932 viene proposto il concorso per i quattro edifici postali della nuova città i vincitori furono quasi tutti giovani che si ispiravano a idee razionaliste; l'ufficio postale di piazza Bologna di Mario Ridolfi al Nomentano, progetto razionalista - espressionista - organicista, l'ufficio postale di via Marmorata all'Aventino architettura razionalista di Libera e De Renzi, l'ufficio postale razionalista di via Taranto su progetto di Giuseppe Samonà, all'Appio Latino - Tuscolano, l'ufficio postale di piazza Mazzini in Prati progetto di Titta, il più noto in quegli anni fra questi architetti, e che anche propose la soluzione più convenzionale.
Analogamente nella realizzazione dell'EUR i quattro architetti che assieme a Piacentini realizzarono il piano urbanistico, tutti scelti da Mussolini, erano razionalisti: Pagano (funzionalista - razionalista), Piccinato (urbanista), Ettore Rossi (razionalista), Luigi Vietti (razionalista), ed analogamente erano razionalisti molti architetti che realizzarono i singoli progetti dell'E42, ma tutti si dovettero infine adattare alle scelte di massima di Marcello Piacentini e del suo neoclassicismo semplificato, il quale a sua volta doveva comunque uniformarsi al giudizio del Duce che poteva approvare o bocciare i progetti arrivando così egli stesso a definire il suo stile Littorio.
Ad esempio Mussolini era molto critico con lo stile di Vietti, che giudicava troppo moderno e "privo di richiami figurativi alla storia dell'Architettura Nazionale" (fonte wiki).
Il regime lasciò nell'edilizia privata una certa libertà creativa, e a Roma le realizzazioni edilizie si ispirarono a molteplici stili: il Razionalismo, il Movimento Novecento, il Barocchetto Romano, il Liberty; spesso si assiste ad un certo eclettismo secondo una visione modernista, con ispirazioni razionaliste unite all'uso della decorazione e a richiami neoclassici e neorinascimentali.
La ricerca stilistica razionalista proseguirà dopo la guerra fino agli anni 60.



Movimento Novecento

Si tratta di un movimento artistico ed architettonico nato nel 1922, in occasione della mostra tenutasi presso la Galleria Pesaro di Milano ad opera di sette artisti: Mario Sironi, Achille Funi (presente con "La terra"), Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci, Emilio Malerba, Pietro Marussig e Ubaldo Oppi, organizzati in movimento e protetti dalla critica d’arte e saggista Margherita Sarfatti.
La Sarfatti (Venezia 1883-Cavallasca, Como, 1961), militante del Partito Socialista a partire dal 1909 fu responsabile della rubrica di critica d'arte su l'Avanti; animatrice di salotti intellettuali a Milano dove si ritrovavano futuristi, intellettuali e scultori, nel 1918 aderì al Partito Fascista ed entrò nella redazione del Popolo d'Italia; fu stretta collaboratrice ed amante del Duce ma essendo di famglia israelita, pur essendo divenuta cattolica anni prima, nel 1938 dovette fuggire in Argentina.
Il Movimento Novecento si porrà in contrapposizione alla sperimentazione del Razionalismo, ma comunque cercando di rispondere alle istanze di cambiamento e rinnovamento suggerite dal Movimento Moderno attraverso la ricerca di un ritorno all’ordine e, in architettura, alla purezza delle linee del Classicismo, in opposizione alle interpretazioni architettoniche utilizzate nei primi anni del novecento e considerate ormai superate quali l'eclettismo neo rinascimentale e neo gotico e il liberty floreale.
In nome del Modernismo cercavano una semplificazione ed una nuova interpretazione architettonica del classicismo; si tende a semplificare e ad eliminare l'apparato decorativo delle facciate dando invece peso ed importanza alla composizione plastica e volumetrica dell'edificio; accanto alla semplificazione rimangono numerose le citazioni classiche e rinascimentali, quali ad esempio l'uso di statue, paraste, lesene, timpani curvilinei e triangolari semplificati e stilizzati, edicole, bugnature (rustiche, liscie, squadrate, a cuscino, a punta di diamante); le decorazioni erano solitamente realizzate tramite intonacatura e meno frequentemente in pietra (travertino o tufo).
Il movimento prese il nome Novecento dal fatto che si sentivano i portatori dei veri valori del novecento.
La Sarfatti organizzò le due importanti mostre del Novecento Italiano, nel 1926 e nel 1929, cui parteciparono tutti gli artisti italiani più importanti di quegli anni, tra i quali Morandi, Carrà, De Chirico, Severini, Balla, Depero.
Rimase comunque un movimento piuttosto variegato e variamente interpretato dagli artisti e dagli architetti che partendo dal precedente stile umbertino lo semplificarono e stilizzarono secondo le tendenze razionaliste definendo uno stile eclettico ed eterogeneo.
Tra gli architetti che aderirono a tale movimento vanno ricordati Giovanni Muzio, Giò Ponti, Emilio Lancia; tra quelli attivi a Roma che in forme diverse aderirono ai princìpi di tale movimento si ricordano: Marcello Piacentini, che elaborerà il Neoclassicismo Semplificato, Armando Brasini, Pietro Aschieri, Mario De Renzi, Innocenzo Sabbatini, Angiolo Mazzoni, Enrico Del Debbio.




Neoclassicismo Semplificato o stile del Monumentalismo
Il Neoclassicismo Semplificato fu elaborato da Marcello Piacentini (1881 − 1960), noto per essere l’architetto del regime; è una architettura che segna in particolar modo l'edilizia pubblica e negli anni dal 1930 al 1940 assume una veste Monumentale; Piacentini considera due aspetti: la modernizzazione vissuta come continua ricerca di innovazione stilistica ed il richiamo ai canoni architettonici classici riuscendo ad adattare alcune idee del Razionalismo del Gruppo 7 o M.I.A.R. con la monumentalità che caratterizzò il simbolismo architettonico fascista che diede luogo allo stile littorio.
Questo stile è basato quindi sostanzialmente sulle idea propria del movimento 900 di riprendere e reinterpretare in chiave moderna l'architettura classica ma invece di rielaborare le decorazioni ed alleggerirle il neoclassicismo semplificato tendeva ad eliminare del tutto o quasi le decorazioni e i dettagli architettonici disegnando pareti lisce, archi elementari a tutto sesto, semplici cornici lisce e dandogli una veste monumentale e severa, solenne, lineare, dalle prospettive dilatate, metafisica, irreale, sospesa, e realizzando ampi spazi scenografici con porticati, ripetizioni seriali di strutture architettoniche, piazzali ed assi viari che potessero esaltare il monumentalismo e l’eroismo delle sue strutture urbanistiche.
Il materiale principe per il rivestimento degli edifici è il travertino ma anche si usano marmi specie negli interni, ed anche tufo e peperino, i classici materiali usati a Roma da sempre, a partire dai tempi della Roma Imperiale.
A Roma tale genere è presente in particolar modo nell'edilizia pubblica; nel Lazio vanno ricordate le città costruite sotto il regime: Littoria (Latina), Sabaudia, Pomezia, Aprilia.




Futurismo

Depero e Marinetti (1924) e i loro
incredibili panciotti futuristi
disegnati da Depero

Il Futurismo fu un movimento culturale ed artistico italiano, principalmente letterario e pittorico ma capace di influenzare anche l’ambito architettonico ed urbanistico; interpretava il senso di vorticosi mutamenti provocati dal progresso tecnologico e dallo sviluppo industriale di quegli anni: le automobili che stavano divenendo un oggetto alla portata di molti grazie alla produzione in scala industriale che portava all’abbattimento dei costi ottenuta dall’introduzione delle catene di montaggio (Henry Ford nel 1913) (la prima macchina di massa italiana fu la balilla, il cui costo era equivalente ad una macchina media di oggi), il telefono (Meucci nel 1871, poi Bell nel 1876) il telegrafo senza fili di Marconi (1896) e Tesla, gli aeroplani (nel 1903, i fratelli Wright), la radio (1900), le macchine da presa (i fratelli Lumière nel 1895) ed il cinematografo, e tutte le altre numerose innovazioni tecnologiche portavano ad una nuova percezione del mondo che improvvisamente diveniva più piccolo; il progresso dava una visione del mondo dinamica e veloce, proiettata verso il domani; le distanze stavano cambiando nella loro essenza: gli spazi si riducevano fisicamente grazie ai nuovi mezzi di trasporto e virtualmente grazie ai nuovi mezzi di comunicazione tramite onde radio ed al cinematografo; dominava una totale fiducia nelle scienze e nella tecnologia, apportatori di benessere ed il progresso tecnologico era dogmaticamente e retoricamente mitizzato.


Il Primo Futurismo nasce nel febbraio 1909 col Manifesto del Futurismo, definito dal poeta Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) e pubblicato il 5 febbraio sulla Gazzetta dell’Emilia di Bologna, ripubblicato i giorni successivi su diversi altri giornali italiani e il 20 febbraio 1909 su Le Figaro che lo rese noto a livello internazionale; a questo Movimento aderirono tra gli altri i pittori Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Luigi Russolo, Gino Severini.
Nel Manifesto vengono esaltati la modernità, la forza, la lotta, l'agonismo, la velocità ed il rischio ad essa connesso, la ruggente ed aggressiva automobile, la potente locomotiva, le metropoli, le industrie, il movimento, il dinamismo, l’innovazione, l’industria, la guerra, il militarismo, il patriottismo.
Si rifiutano i canoni del passato, le convenzioni, le imitazioni, l'arte elitaria confinata nei musei, la letteratura portatrice di sonno ed immobilismo, i musei, le biblioteche, le accademie, il femminismo.
In questa prima fase, che terminerà con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1915, il Futurismo è un movimento d'avanguardia assolutamente trasgressivo, antiborghese, eversivo, dissacrante, provocatorio.


Il Manifesto del Futurismo - Filippo Tommaso Marinetti - 1909
  1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerarietà.
  2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
  3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
  4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un'automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.
  5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
  6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
  7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
  8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
  9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
  10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
  11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi fumanti; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
  12. È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

Il secondo Futurismo si sviluppa a partire dal 1918, al termine della Prima Guerra; Boccioni muore nel 1916, Carrà incontra De Chirico e si rivolge alla pittura metafisica e così anche alcuni giovani quali Sironi e Morandi, inizialmente futuristi.
Per molti aspetti (l’esaltazione della guerra sola igiene del mondo, del patriottismo, del maschio coraggio, dell’autorità) diviene il movimento artistico rappresentativo del fascismo, e viene integrato nell'ideologia fascista abbandonando le precedenti posizioni eversive; così lo stesso Marinetti, dopo essersi accostato alla dottrina fascista diviene uno strenuo difensore della lingua e letteratura italiana, nel 1925 scrive il Manifesto degli Intellettuali Fascisti e nel 1929 viene nominato da Mussolini Accademico dell'Accademia d'Italia, anche se nel 1909 proclamava la necessità di distruggere le accademie di ogni specie; in effetti molti futuristi prenderanno nel tempo strade diverse.
L'arte futurista vuole rappresentare gli oggetti non staticamente ma dinamicamente nel loro movimento continuo e incessante e si cerca tale dinamismo nella moltiplicazione, scomposizione e ricomposizione delle immagini; seguendo il divisionismo il colore viene scomposto per dare la percezione del dinamismo, creando una nuova percezione dello spazio.
Caratteristiche della visione futurista dell'architettura sono la visione anti storicista e l'uso di prospettive molto allungate, lunghe linee che potessero suggerire l'idea del movimento e della velocità, i principali miti di questo movimento, considerati l'essenza stessa della modernità; ad esprimere l'architettura futurista furono i disegni e i progetti mai realizzati di Giacomo Sant'Elia o il grandioso arco dell'EUR progettato da Libera ed anch'esso mai realizzato; viene rifiutato ogni stile tradizionale, si esaltano le nuove tecnologie, i nuovi materiali, si cercano nuove tipologie edilizie.
Da un punto di vista architettonico il futurismo si esaurisce già negli anni trenta, riconducendosi al monumentalismo littorio neoclassicista e metafisico di Piacentini ed abbandonando i sogni utopici della città capace di assecondare tutte le esigenze dell’uomo che la abita.



Luigi Piccinato: casa  albergo in via Nicotera

Luigi Piccinato: casa albergo in via Nicotera (terminata nel 1943); spiccano gli ampi balconi tondi sospesi evidentemente in cemento armato


Piccinato: dettaglio casa  albergo in via Nicotera

Dettaglio della casa albergo di Piccinato; si osservano alcuni caratteri distintivi della palazzina: rifinitura in cemento o intonaco grigio e legno all'interno dei balconi, posto anche sul soffito, base del terrazzo superiore, che è anche inclinato; una lunga fioriera, probabilmente in cemento, con dei fregi geometrici; una banda rosso scuro che segna il marcapiani.






Ugo Luccichenti - palazzina razionalista via Panama - Roma

Ugo Luccichenti (1935 - 1937).
Palazzina razionalista in via Panama, 22 - Roma



Luccichenti: palazzina residenziale in via Lima 4

Ugo Luccichenti (1935).
Palazzina residenziale in via Lima, 4.
Piano seminterrato con cortina in travertino liscio, piano rialzato con cortina in mattoni ed altri tre piani uguali tra loro con intonacatura bicolore; quattro scalini per giungere al portone ornato da due semicolonne in travertino; molto eleganti i marcapiani con i due sbalzi a segnare soffitto e pavimento di ogni piano.

dettaglio palazzina residenziale in via Lima 4

Ugo Luccichenti (1935).
Palazzina residenziale in via Lima, 4.
Linee razionaliste e rotondità del barocchetto.

cancello carrabile della palazzina residenziale in via Lima 4

Ugo Luccichenti (1935).
Uno dei due cancelli carrabili posti specularmente a fianco della palazzina di via Lima 4.



Ugo Luccichenti: palazzina delle Muse in prospettiva accidentale

Ugo Luccichenti (1939 - 1941).
La Palazzina delle Muse in piazza delle Muse 6-7




De Renzi: palazzina Theodoli - Roma

De Renzi: (oppure palazzina per Giovanni Gentile) (1930)
in via Panama - piazza Cuba ai Parioli - stile neoclassico - movimento Novecento



Gaetano Vinaccia Autoparco Trionfale - dettaglio statue

Gaetano Vinaccia - Autoparco Trionfale, sulla via Trionfale; il palazzo ad angolo tra via Trionfale e via Bumeliana presenta due facciate molto semplici con finestre a persiane tutte uguali e prive di ogni abbellimento; sull'angolo del palazzo, ove è posizionato l'ingresso, è situata una singolare torre cilindrica, in stile forse barocchetto forse stile novecento.



Trionfale - stile novecento

Palazzo risalente al 1932 in Largo Trionfale, al Trionfale, nello stile neoclassico del Movimento Novecento; il palazzo consta di 6 piani, un piano rialzato, un attico a logiato; è evidente anchge se esteticamente ben eseguita, la sopraelevazione che ha reso il loggiato un ulteriore piano intero (il loggiato originale sono le tre finestre ad arco, l'ampliamento le die coppie di finestre laterali).
Direttamente sull'intonaco è inciso:
"Dulce post laborem
domi manere
A. Fund. A.D. MCMXXXII
XI E. F."

"è dolce restar in casa dopo il lavoro - Anno di fondazione 1932 - XI dell'era Fascista"


De Renzi e Calza Bini: facciata sul lungotecere della palazzina residenziale Furmanik - Roma

De Renzi - Calza Bini (1938-1940): facciata della palazzina Furmanik sul lungotevere Flaminio 18.
Il progetto risale al 1935 ed è uno degli esempi più significativi di razionalismo a Roma, sobria ed elegante; se ne è perso il carattere originale, in quanto è stata fortemente alterata tanto negli interni quanto esternamente in conseguenza della ristrutturazione subita quando è divenuta palazzina per uffici; alcune differenze esterne che si notano immediatamente sono i balconi che originariamente erano chiusi da una schiera di frangisole scorrevoli, le gelosie verdi, estremamente caratterizzanti il prospetto della palazzina; le finestre erano tutte dotate di avvolgibili, oggi sostituite da vetrature a specchio; l'aggiunta delle bandiere; differenze sul cornicione; internamente le rifiniture erano di lusso e ad esempio nei bagni era usato cristallo e marmo nero; attualmente è utilizzata da uffici equitalia


De Renzi e Calza Bini: particolare palazzina Furmanik - Roma

De Renzi - Calza Bini: palazzina Furmanik - dettaglio


De Renzi e Calza Bini: particolare palazzina Furmanik - Roma

De Renzi - Calza Bini: palazzina Furmanik - dettaglio delle finestre sulla facciata laterale; si osservi la somiglianza con le finestre quadrate della stazione Termini.




Andrea Busiri Vici - palazzina residenziale - Roma

Andrea Busiri Vici (1933-1935).
Palazzina in via Bruxelles 47; cantina seminterrata, cortina in travertino fino al primo piano (primo piano rialzato senza balconi), intonacatura interamente in colore verde molto pallido (poco saturo); gli spigoli del caseggiato sono tutti arrotondati, sul fronte strada balconi estesi su tutta la facciata ed in parte sui lati della palazzina, anch'essi con profilo arrotondato, con parapetti in cemento sormontati da una bassa ringhiera tubolare; al quinto piano un ampio balcone e probabilmente un attico.
A fianco la palazzina al 43 di via Bruxelles sempre del medesimo architetto è molto simile, ma pitturata in color nocciola chiaro.




Gino Franzi - via Archimede 156

Gino Franzi (1930) - Da Verificare
via Archimede 156, ai Parioli






Stazione Termini
Angiolo Mazzoni - propileo della stazione Termini

Angiolo Mazzoni: uno dei due propilei all'entrata della ferrovia nella stazione; la funzione della torre è quella di serbatoio dell'acqua. Bellissima la metafisica scala a chiocciola; l'intero rivestimento murario è come al solito realizzato con lastre di travertino..

facciata laterale della Stazione Termini

Un tratto deIla facciata in travertino dei corpi di fabbrica laterali della Stazione Termini; interessante esempio di architettura razionalista - funzionalista furono realizzati tra 1939 e 1943 su progetto dell’architetto futurista Angiolo Mazzoni (1894 - 1979)



Angiolo Mazzoni - Stazione termini

Angiolo Mazzoni: la metafisica del corpo laterale della Stazione Termini (1939 - 1943)


Angiolo Mazzoni - Particolare facciata laterale della stazione Termini a Roma; quattro finestre quadrate e lastre di travertino

Angiolo Mazzoni: dettaglio di alcune finestre sul corpo laterale della Stazione Termini (1939 - 1943); in evidenza il rivestimento in lastre di travertino rettangolari, di dimensioni compatibili con l'apertura delle finestre e con la loro distanza: ogni finestra inclusi i bordi sporgenti è larga quanto due lastre ed alta quattro. Le finestre non sono però perfettamente quadrate ma l'altezza è lievemente inferiore alla larghezza.





EUR Esposizione Universale di Roma, 1942

Veduta aerea dell’EUR nel 1953

Veduta aerea dell’EUR nel 1953.

L’EUR (zona urbanistica 12a del Municipio XII), è il complesso architettonico progettato negli anni trenta per accogliere l’Esposizione Universale del 1942 di Roma, mai svoltasi in conseguenza dei noti eventi bellici.
Il progetto generale fu presentato da Marcello PIacentini nel 1938, alla guida di un gruppo di architetti che elaborarono l'impianto urbanistico generale: Pagano, Piccinato, Rossi, Vietti; l'EUR rappresenta l’essenza del neoclassicismo semplificato, incontro tra razionalismo italiano, funzionalismo, futurismo, metafisica, e neoclassicismo del Gruppo Novecento; questo stile è la perfetta rappresentazione della architettura solenne e monumentale fascista.
La metafisica influenzò in modo evidente le prospettive di questa architettura; basti pensare alle opere di De Chirico come L'enigma dell'oracolo (1910), L'enigma dell'ora (1911), Malinconia di una bella giornata (1913), Il Tributo dell'Oracolo (1913), Natura Morta. Torino a primavera (1914), L'Enigma di una giornata (1914), Mistero e Melanconia di una strada (1914), Il giorno di festa (1914), ed anche Mario Sironi, futurista, che, entrato nel gruppo Novecento, adattò la sua arte ai dettami stilistici di tale gruppo, riproducendo un'architettura severa ed austera con influenze metafisiche e monumentaliste; dipinse tra gli anni 20 e 40 numerosi quadri su Periferia e Paesagggi urbani nei quali è rappresentata l'essenza della edilizia residenziale popolare fascista.


Gli architetti antichi romani a partire dalla riforma urbanistica che Nerone volle per effettuare la ricostruzione di Roma, nella sua parte monumentale, successivamente all’incendio del 64 d.C., crearono un rigido schema urbanistico, dividendo la città in quadranti tramite un reticolato di strade ortogonali; le principali erano il Cardo Maximus ed il Decumanus Maximus, che si incrociavano nel Forum, il luogo ove erano le sedi amministrative e religiose della città mentre agli estremi del Cardo Maggiore e del Decumano Maggiore erano le quattro porte principali della città.
Tale schema si sviluppa da quello utilizzato nell’organizzazione degli accampamenti militari (castra), dove all’incocio tra Cardo e Decumano era il Praetorium, la tenda del comandante.
Si possono così individuare il cardo maximus nella Cristoforo Colombo ed il semi decumano maximus in viale della Civiltà Romana; un ulteriore semi decumano è quello di viale della Civiltà del Lavoro mentre viale Europa sarebbe stato un altro decumano mai realizzato; infine era stato pensato il decumano simbolico realizzato dal laghetto artificiale dominato oggi dal Palazzo dell’ENI.

Attorno al nucleo originario dell’Eur, terminato sul finire degli anni cinquanta rispettando comunque le linee architettoniche di base, si è successivamente sviluppato il quartiere Europa che però non ha seguito l’originario schema architettonico e si è andato a connettere fortemente col tessuto urbanistico preesistente alterandolo irreversibilmente; tuttavia l’aspetto estetico che forse maggiormente altera gli spazi originari, più dei grattacieli che invadono ogni prospettiva, è il mare di lamiera sotto forma di automobili che invade ogni spazio.


Obelisco di Marconi

Realizzato nel 1959 in occasione delle Olimpiadi del 60 era previsto nell’originario progetto dellEUR precedente alla guerra; le 92 lastre di marmo di Carrara che ricoprono la struttura in cemento armato sono state incise da Arturo Dazzi.

Arturo Dazzi - Obelisco di Marconi

Obelisco di Marconi all’EUR opera di Arturo Dazzi (1959)

EUR - Obelisco di Marconi

L’obelisco di Marconi visto dal viale della Civiltà Romana; sullo sfondo il "grattacielo Italia" di Luigi Mattioni

Obelisco di Marconi all’Eur e dettaglio dell’installazione di Seward Johnson il Risveglio

Seward Johnson: particolare della installazione "Awakening" ("il risveglio")
Obelisco di Marconi all’EUR opera di Arturo Dazzi, 1959
[retouched; ho ritoccato l'estremità dell'anulare, in modo da farlo scomparire dietro l'obelisco; questo fa sembrare la mano di misure analoghe all'obelisco dando l'impressione che lo stia afferrando, mentre in realtà è molto più piccola].

Seward Johnson il Risveglio - EUR 2010

Seward Johnson: Awakening (il risveglio) [installazione a cura di Gloria Porcella e Lamberto Petrecca (2010)]
[transverse mercator projection; color retouched]

Palazzo Mostra della Scienza Universale

Superficie coperta e volume: mq 10.500; mc 223.000
Progettisti: L. Brusa, G. Cancellotti, E. Montuori, A. Scalpelli
Inizio e fine lavori: marzo 1939 - marzo 1943

Posto nel lato sud-est della piazza Imperiale ha un doppio ordine di porticati, quello inferiore con colonne rivestite in travertino bocciardato e quello superiore con colonne in marmo cipollino di 10,60 metri.
Il corpo di fabbrica più importante è quello rivolto verso la piazza, con un ampio vestibolo di ingresso caratterizzato dallo scalone monumentale; sulle pareti decorazioni di Valerio Fraschetti.
Caratteristico al primo piano il pavimento e la vetrata a tutta altezza di Giulio Rosso, di 10,24 X 4,99 metri e raffigurante "elementi decorativi relativi all’astronomia".
Anche importante è il salone principale del primo piano di 8,50x14,80 metri, con pavimento in intarsi marmorei realizzati da Mario Tozzi; i motivi decorativi sono ispirati a "elementi decorativi relativi alla scienza".
Sulla parete esterna posteriore il mosaico di Fortunato Depero raffigurante "Le professioni e le Arti".

EUR - Mosaico di Fortunato Depero

Le Professioni e le Arti: mosaico realizzato nel 1942 da Fortunato Depero (1892-1960)

Palazzo Mostra delle Arti e Tradizioni Popolari

EUR - Mosaico di Enrico Prampolini

Le Corporazioni (agricoltura, industria, credito e commercio): mosaico realizzato nel 1942 da Enrico Prampolini (1894-1956).
Prampolini e Depero sono due artisti protagonisti del movimento futurista.
I due mosaici sono situati in fondo al viale della Civiltà Romana, uno sulla parete esterna del Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari e l’altro sulla parete esterna del Palazzo della Scienza Universale (Museo Preistorico ed Etnografico).

EUR - Porticato

Il porticato monumentale di raccordo tra il palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari ed il palazzo della Scienza Universale, ideale raccordo decorativo tra la città dell’Arte e la città della Scienza.

Palazzo dei Congressi

Superficie coperta e volume: mq 10.150; mc 216.500
Progettista: Adalberto Libera
Inizio e fine lavori: 1939 - 1954

Il palazzo dei Congressi e dei Ricevimenti fu progettato nel 1939 da A. Libera; interrotta la costruzione per la guerra fu completato nel 1954.
Importante il prospetto esterno posteriore dell’edificio ed il salone dei Ricevimenti al primo piano coperto da una volta a crociera in metallo.
Da ricordare anche la Sala dei Congressi, ora denominata Auditorium Capitalis ristrutturata da Paolo Portoghesi e la Terrazza con Giardini Pensili.
Sulla parete di fondo dell’ingresso principale un affresco di Achille Funi raffigurante il trionfo di Roma tra potere imperiale e potere temporale.
Sul pavimento del ristorante un mosaico di Angelo Canevari.
Sulla parete di fondo dell’atrio posteriore una tempera su masonite di Gino Severini datata 1953.

EUR - Palazzo dei congressi

Palazzo dei Congressi (e dei Ricevimenti) su progetto del’architetto Adalberto Libera risalente al 1939, edificio tra i più significativi dell’Eur, capace di coniugare il funzionalismo modernista con l’architettura razionalista e futurista italiana applicata nel severo monumentalismo proprio dell’architettura fascista.
Nella foto è il bel prospetto posteriore dell’edificio, caratterizzato dal colonnato monumentale, alto ben oltre i quindici metri, sopra il quale spicca l’ampia struttura del Salone dei Ricevimenti, caratterizzata da una copertura a crociera interamente in metallo.

Palazzo Mostra della Romanità

Superficie coperta e volume: mq 12.500; mc 250.000
Progettisti: P. Aschieri, D. Bernardini, C. Pascoletti, G. Peressutti
Inizio e fine lavori: dicembre 1939 − 1952

La sua costruzione fu interrotta per la guerra, ripresa nel dopoguerra terminò nel 1952 e fu aperto al pubblico nel 1955 divenedo il Museo della Civiltà Romana ed ospitando una enorme raccolta di calchi e gessi di opere d’arte greche e romane.
L’edificio, uno dei tre la cui costruzione fu data in appalto a società esterne, è stato realizzato dalla Società Anonima Fiat di Torino, ed è in parte diverso dalle altre costruzioni dell’EUR; esternamente è evidente l’ampio uso di peperino rosso-marrone nella muratura, che evidentemente richiama la muratura in opera quadrata dell’epoca romana classica. Le mura sono interrotte dai due spettacolari ingressi, uno per lato della piazza, caratterizzati dalle colonne monumentali.
L’ampio colonnato che chiude il semi Decumano Maggiore funge da raccordo monumentale tra i due edifici che caratterizzano la struttura e definisce un ampio piazzale, rimasto però incompleto ed oggi accessibile alle macchine; il colonnato rappresenta quindi idealmente il luogo di una delle quattro porte dell’insediamento romano cui l’architettura del luogo si ispira; nel progetto iniziale era prevista una fontana, un gruppo equestre sul retro del colonnato monumentale ed una statua ad ognuno dei due ingressi monumentali.

EUR - Palazzo mostra della Romanità

Il porticato monumentale del Palazzo Mostra della Romanità all’EUR che all’inaugurazione del 1955 prese il nome di Museo della Civiltà Romana.

Palazzo della Civiltà Italiana

Progettisti: Guerrini, La Padula e Romano;
Inizio lavori: 1938;
inaugurazione (a cantieri aperti): 30 novembre 1940;
Il palazzo della Civiltà Italiana detto anche Colosseo Quadrato è l’icona del Novecento Monumentalista; le facciate, una serie su più ordini di archi a tutto sesto, interamente in travertino si ispirano ad una visione metafisica del Colosseo antico romano.
Il palazzo è posto su un basamento contornato da scalini ed è abbellito da una serie di statue poste negli archi al piano terra che rappresentano le arti ed i mestieri e, ai quattro angoli dell’edificio, dai gruppi marmorei di un uomo ed un cavallo, di P. Morbiducci e A. Felci, che ricordano i dioscuri romani posti sulla balconata del Campidoglio, perfetto richiamo alla romanità del luogo.
Il monumento è disposto all’estremità di un rilievo e sul retro presenta una ampia scalinata estremamente scenografica che scende alla strada sottostante.
In alto a caratteri cubitali su tutti i lati la scritta incisa nel travertino:
Un Popolo di Poeti di Artisti di Eroi
di Santi di Pensatori di Scienziati
di Navigatori di Trasmigratori


il detto un paese di poeti santi e navigatori deriva probabilmente dalla lettura delle prima attitudine di ogni riga di questa iscrizione.

EUR - Palazzo della Civiltà Italiana

Il metafisico palazzo della Civiltà Italiana, l’edificio più rappresentativo dell’EUR

Palazzo Uffici

Superficie: mq 6000; mc: 117.000
Progettista: Architetto Gaetano Minnucci
Inizio e fine lavori: 1937- 1940

Fu il primo ad essere terminato all’EUR e rappresenta qundi un punto di riferimento per tutti gli altri che venivano costruiti, realizzato con tecniche per l’epoca all’avanguardia, alcune delle quali furono brevettate, dotato di numerose decorazioni tra statue e mosaici ed elegantemente rifinito internamente ed esternamente con ampio utilizzo di marmo, legno, vetro e porfido finemente lavorati; particolarmente interessante la sistemazione della sala sopra al salone delle fontane, con un sistema di copertura estremamente sofisticato; gli interni furono curati oltre che dallo stesso Minnucci da Guglielmo Ulrich e Giuseppe Gori.
Fu adibito a sede per gli uffici dell’allora Ente Esposizione Universale di Roma ed ancora oggi ospita gli uffici dell’Ente EUR Spa.

Presenta due corpi di fabbrica uniti tramite una struttura di raccordo; uno in muratura portante, quadrato, adibito ad uffici, dotato di una piccola corte con fontana, l’altro rettangolare in cemento armato, aperto al pubblico ed originariamente pensato come biglietteria della mostra, chiamato ora salone delle fontane; esternamente è un porticato con colonne a base quadrata ed un bel sistema di fontane con tre vasche ai cui lati sono diciotto mosaici a marmi bianchi e neri opere di Gino Severini, Giulio Rosso e Giovanni Guerrini.
Sulla trabeazione del porticato si legge:
La Terza Roma si dilaterà sopra Altri Colli lungo le Rive del Fiume Sacro sino alle Spiagge del Tirreno
alludendo al fatto che nei progetti del duce l’EUR doveva essere il nucleo della Seconda Roma.
Sempre esternamente è presente alla destra dell'ingresso al Commissario un bassorilievo in travertino di Publio Morbiducci titolato "La storia di Roma attraverso le opere edilizie" (1939), una statua in bronzo opera di Italo Griselli raffigurante un giovane che esegue il saluto fascista, una statua in travertino di fronte alle fontane dal lato del parco di Fausto Melotti (1901 - 1986) titolata "uomo con vanga" (installato in loco nel 1942).
All’ingresso autorità sono due gruppi scultorei di Dino Basaldella (1943): Leone che lotta con il centauro e Ercole che lotta con la chimera.
Nel salone è un di Giorgio Quaroni raffigurante la fondazione di Roma.
La struttura fu dotata di un rifugio antiaereo di 475 mq, realizzato con una struttura in cemento armato completamente indipendentemente dalla muratura dell’edificio; all’interno sono conservati dei tandem da utilizzare per la generazione dell’energia necessaria per il funzionamento del rifugio (luce, ventilazione).


EUR - Palazzo Uffici

Il palazzo Uffici; porticato del salone delle fontane e l’ampio cortile con le fontane

Dino Basaldella: Leone in lotta col centauro

Palazzo Uffici: Leone contro il centauro Dino Basaldella; scultura in travertino.

Dino Basaldella: Ercole in lotta con la chimera

Palazzo Uffici: Ercole in lotta con la chimera Dino Basaldella; scultura in travertino.

Palazzo Uffici: ingresso e statua di Italo Griselli

Ingresso al Palazzo Uffici lato pubblico; in primo piano la statua in bronzo realizzata da Italo Griselli, raffigurante un giovane coperto con la sola foglia di fico (probabilmente posta nel dopoguerra); nel secondo dopoguerra gli sono stati aggiunti dei guanti simili a quelli utilizzati per l'attrezzo degli anelli o della sbarra nello sport della ginnastica, ed il giovane è stato così trasformato nel genio dello sport, come scritto alla base della statua, intento ad eseguire il classico gesto che effettuano i ginnasti per salutare il pubblico e non più il saluto fascista.
L'effetto scenografico dell'altissimo portale con a fianco la statua che si staglia sulla parete di bianco travertino è a mio parere veramente notevole.


Palazzo Uffici: ingresso e statua di Italo Griselli

Ancora il palazzo uffici; la foto precedente è una parte di questa, in cui però ho utilizzato la normale proiezone rettilinea.
[Foto panoramica in proiezione cilindrica; copre quasi 180 gradi, ed essendo l'edificio molto ravvicinato appare particolarmente curvo ma la facciata è in realtà perfettamente rettilinea; anche il piazzaletto di coronamento della statua (in peperino con bordi di travertino) nella realtà è quadrato e i due bordi in travertino che si vedono verticali al centro e sulla destra in realtà sono tra loro ortogonali, intersecandosi appena dietro i miei piedi, mentre nella foto si vedono quattro lati di un esagono (misteri delle proiezioni); la foto, con queste strane distorsioni prospettiche, mi pare renda bene l'atmosfera metafisica, sospesa e irreale]

La statua di Fausto Melotti si redimono i campi vista dal retro e sullo sfondo il palazzo uffici

Palazzo Uffici e metafisica: in primo piano la statua in marmo di Fausto Melotti titolata "Si redimano i campi "; nel progetto originale furono commissionate 4 opere, tutte di altezza 520 centimetri, di cui solo questa fu poi realizzata causa la guerra; la sistemazione pensata per le 4 opere era di decorazione al Palazzo dell'Autarchia; negli anni 50 la statua trovò questa collocazione un po' defilata sotto i pini.

Palazzo Uffici: porticato del Salone delle Fontane

Palazzo Uffici: il porticato del Salone delle Fontane.




Palazzo INPS e Palazzo INA

Progettisti: Giovanni Muzio, Mario Paniconi e Giulio Pediconi; Anno inizio lavori: 1940;


I due Palazzi realizzano la piazza delle Esedre, oggi piazza delle Nazioni Unite sulla Cristoforo Colombo.
Concettualmente dovevano essere il coronamento della porta Imperiale, mai realizzata.
Le superfici esterne sono ricoperte con marmo delle Alpi Apuane e marmo di Portasanta; ogni palazzo si sviluppa simmetricamente all'altro su una linea semi circolare e presenta un ordine di 33 pilastri al piano terra ed un doppio ordine di 67 colonne in marmo al primo e secondo piano.

Sulle testate degli edifici rivolte alla strada sono posti quattro bassorilievi; La conquista dei mari di Oddo Aliventi, L'impero fascista di Quirino Ruggeri, Le repubbliche marinare di Mirko Basaldella e Roma contro Cartagine di Giuseppe Mazzullo, tutte opere realizzate nel 1941.

Palazzo INPS: particolare del prospetto frontale

Palazzo INPS: particolare del prospetto frontale

Palazzo INPS: bassorilievo di Giuseppe Mazzullo

Palazzo INPS: Giuseppe Mazzullo: "Roma contro Cartagine ";
i romani sono una via di mezzo tra i romani antichi (scudi e gonnellini) ed i romani moderni (gli elmetti dell'esercito italiano), mentre i cartaginesi sono nudi; immagino la fanciulla in primo piano rappresenti l'Italia

Palazzo INPS: bassorilievo di Mirko Basaldella

Palazzo INPS: Mirko Basaldella: "Le Repubbliche marinare"
in basso il leone con una targa, simbolo di Venezia, in cui è inscritto: Pax – Evan, Tibi – Geli, Mar – Sta, Ce – Meus significa: Pax tibi, Marce, Evangelista meus: Pace a te Marco, mio Evangelista - (qui riposerà il tuo corpo); questo, secondo la tradizione, venne detto da un angelo a San Marco, durante la sua visita a Venezia; le 4 figure principali al di sotto e a fianco dell'angelo, raffiguratocon sembianze decisamente femminili, rappresentano le repubbliche marinare

Palazzo INPS: bassorilievo di Antonio Cocchioni posto sulla parete del palazzo a fianco all'ingresso

Palazzo INPS: bassorilievo in marmo di Antonio Cocchioni posto sulla parete alla destra dell'ingresso al palazzo (metà anni 60)

Palazzo INPS: bassorilievo di Antonio Cocchioni sulla parete del palazzo a fianco all'ingresso

Palazzo INPS: bassorilievo in marmo di Antonio Cocchioni posto sulla parete alla sinistra dell'ingresso (metà anni 60); i due bassorilievi sono ai lati dell'ingresso sotto il porticato ad un paio di metri di altezza, ricoperti di polvere nera


Palazzo Mostra dell'Autarchia e del Corporativismo ed Edifici delle Forze Armate

Superficie Coperta: mq 17.500; mc 229.400
Progettisti: Mario De Renzi, Gino Pollini, L.Figini
Inizio lavori: 1939; fine lavori: 1952

costituito da tre corpi di fabbrica che circoscrivono un ampio piazzale; i rivestimenti sono interamente in travertino.
Erano previste quattro statue decorative delle quali venne realizzata solo la prima, titolata "si redimano i campi" opera di Fausto Melotti e oggi posizionata dinanzi al Palazzo Uffici.
Attualmente è sede dell'Archivio Centrale dello Stato.

palazzo mostra autarchia e corporativismo ed edifici delle forze armate; vista di due dei tre corpi di fabbrica

Palazzo Mostra dell'Autarchia e del Corporativismo ed Edifici delle Forze Armate; vista di uno dei due corpi di fabbrica laterali, caratterizzati dal lunghissimo porticato, e del corpo di fabbrica centrale; a sinistra il grattacielo Inail.




Foro Italico - ex Foro Mussolini

Fontana della Sfera

Realizzata da Mario Paniconi e Giulio Pediconi (1933 - 1935); i mosaici bicromi della pavimentazione sono di Giulio Rosso

foro italico panoramica con la fontana della sfera in primo piano

Foro Mussolini: la Fontana della Sfera di Mario Paniconi, Giulio Pediconi e Antonello Frisa; mosaici bicromi di Giulio Rosso; ad esser sincero non ricordo di aver mai visto l'acqua nella fontana, ma pare che un tempo ormai lontano funzionasse; la fontana non è concepita come uno specchio d'acqua piatto, bensì è realizzata con una gran quantità di zampilli che sgorgano da sotto il basamento circolare in travertino che circonda la piccola vasca e, formando una supeficie parabolica quasi compatta e piuttosto piatta (un terzo dell'altezza della sfera), vanno a cadere sul piedistallo quadrato di basamento alla stessa, creando un effetto di dinamico equilibrio, là dove ora si percepisce solo staticità; peccato non l'abbia mai potuta finora ammirare e che la sfera (e tutto il Foro in generale) sia così mal ridotta; certo la presenza dello stadio a pochi metri non giova alla conservazione delle opere; a sinistra in lontananza l'obelisco del Duce, verso il Tevere; a destra il viale che porta ai campi da tennis ed alla Accademia di Scherma.


Obelisco del Foro Italico
Obelisco del Foro Italico

Costantino Costantini (1928 - 1932) - obelisco del Foro Italico o obelisco Mussolini.
Sul lato rivolto al Tevere riporta inciso in verticale a caratteri cubitali:
Mussolini Dux
e su un lato:
Opera Balilla
Anno X




Piazzale dell'Impero
Il piazzale dell'Impero al Foro Mussolini viene realizzato nel 1937 da Luigi Moretti; erano preesistenti l'obelisco Mussolini e la Fontana della Sfera; il piazzale è un vasto spazio di forma allungata trapezoidale che congiunge queste due opere preesistenti, definendo così la centralità dell'asse che da Monte Mario giungeva attraverso il ponte al di là del Tevere; Moretti realizza una piazza metafisica lunga 280 metri interamente in marmo, totalmente vuota con solo una spina centrale rialzata da tre scalini per le autorità; la piazza è definita dalla ripetizione dei blocchi parallelepipedi sospesi, 11 blocchi ogni 10 passi sui due lati lunghi del piazzale, 2 di dimensioni maggiori verso la fontana della sfera che avrebbero dovuto sostenere due statue equestri e 4 verso l'obelisco; in questo spazio vuoto e sospeso si svolgono come su un nastro i mosaici bicromi della pavimentazione che riportano scene di sport e le "eroiche gesta" della guerra Etiopica.
Nel piazzale circolare intorno alla sfera mosaici di Gino Severini. Altre opere d'arte di Angelo Canevari e Achille Capizzano (i mosaici nella piazza dell'Impero, ai fianchi della spina rialzata).


Stadio Olimpico
Inizialmente come parte integrante del Foro Mussolini fu realizzato nel 1932 lo stadio dei Cipressi su progetto di Enrico Del Debbio, consistente in un enorme invaso con tribune realizzate con terrazzamenti erbosi; furono realizzate solo alcune gradinate per gli spettatori sulla tribuna Tevere.
Tra 1950 e 1953 furono costruiti gli spalti; i lavori furono diretti da Carlo Locatelli e alla sua morte nel 1951 da Annibale Vitellozzi; fu chiamato stadio dei centomila per la capienza che circa raggiungeva.
Nel 1960 per le Olimpiadi di Roma furono eliminati i posti in piedi, riducendone la capienza a 65.000 spettatori; il solo difetto dello stadio era la lontananza dal campo degli spalti delle curve a causa anche della pista di atletica che prendeva un ampio spazio; la sola tribuna Monte Mario era dotata di una tettoia di copertura. La caratteristica di questo stadio era la bassa elevazione degli spalti come era già previsto nei progetti di Del Debbio; questo era ottenuto con una lieve sottoelevazione del terreno di gioco rispetto al piano di campagna circostante, sfruttando per questo anche un naturale avvallamento del terreno; era uno stadio che si integrava assai bene nel resto del Foro con uno scarso impatto visivo e senza snaturarlo completamente.
Nel 1990 fu interamente ricostruito, con costi sicuramente molto superiori a quelli di una costruzione ex-novo, realizzando una struttura imponente e incombente nel piazzale antistante se pure esteticamente valida come opera a sé; i progettisti furono Annibale Vitellozzi, l'arch. Maurizio Clerici, l'ing. Paolo Teresi e l'ing. Antonio Michetti (per le strutture); il nuovo stadio contiene 80.000 spettatori (15.000 in più del precedente) tutti coperti.
Purtroppo non si tenne alcun conto dell'impatto devastante sul resto del Foro, e non si ritenne opportuno costruire il nuovo stadio da un'altra parte. cosa che avrebbe consentito di avere due stadi al costo di uno e di lasciare intatto il vecchio stadio Olimpico del 1960 senza perdere le prospettive del Foro; l'intera estetica metafisica del piazzale, una opera d'arte, è rovinata anche dall'altro lato, con l'installazione degli orrendi tornelli di ingresso allo stadio che troncano il piazzale dell'Impero devastando un luogo concepito come puro spazio e prospettiva.



Stadio dei Marmi
progettista: Enrico Del Debbio (1928-1932)
Le gradinate e le 65 statue, donate dalle provincie italiane e opera di 25 scultori differenti, sono interamente in marmo di Carrara.
Mosaici di Angelo Canevari; gruppi bronzei di Aroldo Bellini.
Stadio dei marmi: statua di Napoli

Foro Mussolini - Stadio dei Marmi - Statua di Napoli

Stadio dei marmi: statua di Roma

Foro Mussolini - Stadio dei Marmi - Statua di Roma



Sapienza Università di Roma

Sapienza Università di Roma: Statua della Minerva

Università di Roma: Statua della Minerva di fronte al Rettorato nella Piazza della Minerva
opera di Arturo Martini


Chiese a Roma nel ventennio

Garbatella: San Francesco Saverio

Alberto Calza Bini - Chiesa di San Francesco Saverio (1931 - 1933) in Piazza Damiano Sauli alla Garbatella



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11 marzo 2013