Architettura Liberty a Roma: 1900 - 1930
Liberty floreale
Quartiere Coppedé
Questa ristretta zona situata nel quartiere Trieste è nota per le costruzioni liberty dell'architetto Gino Coppedé; la Società Anonima Edilizia Moderna incaricò della realizzazione di 18 palazzine e 27 palazzi Gino Coppedé, che presentò il progetto nel 1916; Coppedé muore nel 1927 senza riuscire a completare tutte le costruzioni che vengono terminate da Paolo Emilio André, in uno stile più semplice.Il fulcro del quartiere è piazza Mincio, ove si affacciano tre noti edifici: i villini delle Fate al numero 3 e sulle vie laterali, la palazzina del Ragno al numero 4, i palazzi degli ambasciatori su via Dora, la palazzina senza nome al numero 2.
Villini delle Fate
Il villino delle fate realizzato da Coppedè risale al 1924 e consta di tre corpi di fabbrica addossati e con tre ingressi separati, due da via Brenta ed uno da piazza Mincio, 3; si tratta quindi in effetti di tre villini con pareti in comune interamente circondati da un giardinetto secondo il modello della città giardino; dietro l'ingresso carrabile di piazza Mincio 3 sul pavimento è un mosaico rotondo in cui sono rappresentate tre fanciulle suonatrici (lira, voce e chitarrino) in abiti romani antichi, metafore dei tre villini, con riportata la scritta: i villini delle fate, Neme, Melete, Aede.
Sulle mura alcune scritte; quelle facilmente visibili dall'esterno:
Domus Pacis: Casa della pace.
Domino laetitia praebeo: Offro gioia al Padrone.
Erecta Anno Domini MCMXXIV: Realizzata nell'anno 1924.
E petra firmitas, ex arte venustas: dalla pietra la solidità, dall'arte la bellezza.
Fiorenza Bella.
Gino Coppedé: Villini delle fate (1924); il villino con ingressi a via Brenta 9-11, lati su via Brenta e su via Olona (via privata).
Villini delle fate: un particolare del villino su piazza Mincio in corrispondenza di un ingresso; una finestra ornata da due putti ed in basso un motivo floreale ed un'ape in bassorilievo su una lastra di travertino; un'altra ape sempre in travertino (mi pare) anche sulla destra; quello delle api è un motivo ornamentale che ricorre diverse volte in questi villini.
Situata in piazza Mincio 4, realizzata nel 1920 da Gino Coppedè.
Gino Coppedé: Palazzina del Ragno (1920) in piazza Mincio 4 e fontana delle Rane (1920 - 1924), al centro della stessa piazzetta.
Palazzina del Ragno: detaglio del ragno che ha dato il nome al palazzo, appena sopra l'architrave del portone di ingresso.
Gino Coppedè: Palazzina del Ragno in Piazza Mincio 4: dettaglio della foto precedente - facciata col portone, primo, secondo e terzo piano; in evidenza i numerosi fregi floreali e geometrici, teste e figure di animali quali leoni, civette, leoni alati.
Palazzo in piazza Mincio 2
Il palazzo senza nome di Gino Coppedè in piazza Mincio 2 risale al 1926 ed ha un ingresso piuttosto bizzarro; gli interni e talvolta anche gli esterni del palazzo sono stati usati come set in numerosi films (ad esempio Dario Argento).
All'ingresso alcune scritte in latino:
Ingredere has aedes
quisquis es amicus eris
hospitem sospito
Entra in questo luogo
chiunque tu sia sarai amico
io proteggo l'ospite
Ospes Salve
Anno Domini MCMXXVI
Gino Coppedè: palazzo in piazza Mincio 2: dettaglio delle pareti nell'altrio: cavallucci marini bicromi.
Palazzo in piazza Mincio 2, dettaglio dell'ingresso: due aquile e fregi in liberty geometrico e floreale incisi sul travertino.
Gino Coppedè: facciata del palazzo senza nome in piazza Mincio 2 - dettaglio stucchi e pitture del balconcino al primo piano.
Palazzi degli Ambasciatori
Sono due ampi complessi edilizi separati in diagonale da via Dora.
Gino Coppedè: una delle numerose facciate, primo e secondo piano, dei Palazzi degli Ambasciatori (via Dora)
Gino Coppedè: facciata di uno dei palazzi degli Ambasciatori, dal primo al quarto piano (via Tanaro).
Gino Coppedè: palazzi degli Ambasciatori, vista d'insieme da piazza Mincio; al centro via Dora con l'arco, ideale ingresso alla zona, a sinistra via Tanaro a destra via Brenta.
[Sferical Projection]
L. Paterna Baldizzi
Villa Ximenes (1902), in piazza Galeno; dettaglio di due finestre su una parete laterale.
Quartiere della Vittoria, piazza della Libertà: dettaglio di una palazzina liberty; non ne conosco il progettista.
Mario De Renzi - 1927, quartiere Della Vittoria, dettaglio villino definito in stile barocchetto romano (gruppo Aschieri), ma che potrebbe al pari definirsi liberty, in via Eleonora Fonseca Pimentel 2, angolo via Avezzana.
Questa era l'abitazione del pittore Paolo Paschetto (1885-1963), che nel 1948 vinse il concorso per il logo della Repubblica Italiana (una stella - che simboleggia l'Italia - inscritta in una ruota dentata - il lavoro elemento fondante della repubblica - contornata da un ramo di ulivo - simbolo cristiano di pace e fratellanza - e da un ramo di quercia - la forza e la vittoria -; il bozzetto originale fu tuttavia ampiamente modificato dalla commissione); Paschetto realizzò i disegni di numerose vetrate in stile liberty, collaborando anche con Picchiarini, artista artigiano vetraio; alcune delle vetrate della Casina delle Civette a villa Torlonia eseguite da Cesare Picchiarini nel 1920, con nastri, rose e farfalle, furono realizzate su bozzetti di Paschetto; la medesima coppia eseguì nello stesso anno le vetrate per la chiesa Evangelica Metodista di Via Firenze a Roma.
L'epigrafe sulla lastra nella foto, posta sopra l'ingresso alla palazzina, riporta alcuni versi di una ode di Orazio:
Quinto Orazio Flacco liber II, carmen X, vv. 5-11 (circa 23 a.C.)
auream quisquis mediocritatem
diligit, tutus caret obsoleti
sordibus tecti, caret invidenda
sobrius aula.
saepius ventis agitatur ingens
pinus et celsae graviore casu
decidunt turres
che si traduce più o meno in:
Chiunque aspiri alla splendida mediocrità,
evita la protezione del vecchio sudicio tetto
ed anche sobrio evita l'invidiata reggia.
Sovente il vento scuote l'immenso pino
e le fiere torri cadono per la penosa disgrazia
Mario De Renzi 1927, prospetto d'angolo della piccola palazzina - villino liberty - barocchetto in via Pimentel 2, angolo via Avezzana al quartiere Della Vittoria, abitazione di Paolo Paschetto.
Piccolo palazzetto di tre piani e seminterrato; al piano seminterrato e rialzato una elegante bugnatura a punta di diamante in peperino, affreschi liberty, medaglioni e stemmi.
La facciata del teatro Ambra Jovinelli.
Originariamente chiamato semplicemente teatro Jovinelli è uno storico teatro di varietà, l'unico in stile liberty di Roma; costruito tra 1906 e 1909 richiama in taluni tratti il barocco.
Eretto nella scomparsa piazza Guglielmo Pepe nel rione Esquilino i lavori della realizzazione iniziarono nel 1906 su progetto di Pietro Chiodelli e Giacomo Radiconcini; nel 1907 subentrò alla guida dei lavori l'architetto Ulderico Bencivenga e l'inaugurazione si ebbe il 3 Marzo 1909.
In questo teatro si esibirono tra gli altri Ettore Petrolini nel 1910 e Totò dal 1919 al 1921; in epoca Fascista, il teatro ridusse la gamma dei suoi spettacoli dovendo rinunciare al teatro dialettale ed alla satira politica ma fu soprattutto l'avvento del cinematografo a segnarne in quel periodo il declino; nel primo dopoguerra divenne palazzetto dello sport ospitando numerosi incontri di boxe e successivamente negli anni 50 il teatro si convertì parzialmente a numerosi altri generi di spettacolo, ed oltre agli incontri di boxe, si dedicò a concorsi canori, cabaret e avanspettacolo ed inoltre divenne sala cinematografica; prese il nome di Ambra Jovinelli, comparendo così in cima alla lista dei cinematografi nei giornali.
In occasione di tale riconversione la facciata venne rimaneggiata: furono eliminate le due aquile di stucco poste sul cornicione alla base del frontone a linee arcuate all'altezza delle due lesene centrali, e furon rimossi i due pennoni che proseguivano le stesse due lesene al di sopra del frontone. Per il resto, a parte forse le strutture delle porte di ingresso e delle finestre ed anche evidentemente la struttura in cemento armato sopra il tetto sulla destra guardando la facciata, è ancora abbastanza simile alla versione originale.
Nel 1982 andò a fuoco e rimase semidistrutto; la famiglia Jovinelli lo vendette nel 1990 ad una società milanese; nel 1996 un gruppo di artisti si attivò organizzando spettacoli all'interno delle sue strutture fatiscenti; nel 1997 i Beni Culturali posero sotto tutela la facciata dello stabile; tra il 1998 ed il 2000 fu infine restaurato e ricominciò la sua programmazione teatrale.
Casina delle Civette
La casina sorge all'interno del parco di Villa Torlonia; la prima struttura abitativa, chiamata la Capanna Svizzera, fu realizzata nel 1840 da Giuseppe Jappelli su incarico del Principe Alessandro torlonia; consisteva di due strutture, il villino principale e la dipendenza erano in stile rustico, e, collocati defilati nel parco, rappresentavano una sorta di luogo di evasione dalla ufficialità della villa principale.
Per volere del nipote di Alessandro Torlonia, Giovanni Torlonia Junior, che la abitò fino alla sua morte nel 1938, la costruzione rustica si trasformò a partire dal 1908 in un elegante villino ad opera dell'architetto Enrico Gennari dallo stile ispirato al medioevo agreste; nel 1917 l'architetto Vincenzo Fasolo aggiunse le strutture sul lato meridionale, e arricchì il villino delle decorazioni liberty dandogli l'aspetto definitivo; le coperture furono realizzate con sottili lamine di lavagna dal colore grigiastro che si contrappone alla brillantezza dei colori delle tegole in cotto smaltato.
Internamente la casina era riccamente arredata e colma di statue, opere in ferro battuto e raffinati stucchi, ma il tratto distintivo della casina sono le vetrate ad intarsi in stile liberty, tutte opera del maestro vetraio Cesare Picchiarini su disegni di Duilio Cambellotti, Umberto Bottazzi, Vittorio Grassi e Paolo Paschetto, e realizzate tra 1908 e 1930; il villino prese il nome di Casina delle Civette per la vetrata con le civette realizzata da Cambellotti nel 1914 e per i continui riferimenti negli arredi interni alle civette.
Il Casino nobile di villa Torlonia fu la residenza privata prescelta dal Duce; nel 1944 la casina delle civette ed anche tutte le altre costruzioni relative a villa Torlonia, subirono l'occupazione delle truppe alleate per tre anni; nel 1978 le strutture furono acquisite dal comune di Roma; nel 1991 un incendio la danneggiò assai gravemente la casina che fu restaurata con una certa cura tra 1992 e 1997.
La Casina delle Civette nel parco di villa Torlonia; architetto Enrico Gennari (1908), architetto Vincenzo Fasolo (1917).
Il lato meridionale della Casina delle Civette al parco di villa Torlonia; la volumetria articolata e lo stile liberty di questo lato sono opera di Vincenzo Fasolo.